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"Help foraggio". Parte la rete di solidarietà della Cia-Agricoltori Italiani per portare un aiuto concreto alle aziende dell'Appennino stremate dalle nuove scosse di terremoto e sommerse dalla neve. Mentre si continua a lavorare per liberare le strade e agevolare la circolazione e i soccorsi, l'emergenza rimane alta per gli allevatori: sono tantissime le imprese agricole isolate, bloccate con le stalle pericolanti o crollate e il bestiame al freddo e senza cibo per l'impossibilità di rifornirsi di mangimi e foraggio e garantire l'alimentazione degli animali.
Proprio per questo motivo la Cia, che già nei giorni scorsi aveva lanciato l'Sos animali, si è messa in moto con le sue strutture territoriali per sostenere gli agricoltori in difficoltà, contribuendo in primis a risolvere il problema approvvigionamento.
I primi 160 quintali di fieno, donati dalla Cia Emilia Romagna, sono stati consegnati mercoledì 25 gennaio: una parte al centro di raccolta predisposto dalla Cia Abruzzo in provincia di Teramo, l'altra presso il centro di raccolta organizzato dalla Cia Marche nel comune di Monsampolo (Ascoli Piceno), per essere distribuiti alle aziende agricole in difficoltà. Seguirà a breve la Cia dell'Umbria, che sta raccogliendo circa 150 quintali di erba medica in pellet da donare agli allevatori associati per soddisfare le esigenze del bestiame.
E' un'azione di solidarietà concreta e importante -sottolinea la Cia- resa possibile dalla disponibilità delle nostre aziende e delle nostre strutture sul territorio, che vogliono aiutare ed essere vicine ai colleghi così duramente colpiti da sisma e maltempo. In Abruzzo, Marche, Umbria e Lazio il settore primario sta perdendo circa 100 milioni di euro a settimana, tra danni a coltivazioni e beni strumentali, perdite alla zootecnia e mancata commercializzazione. Troppe aziende, in aree a fortissima vocazione rurale, rischiano di chiudere senza interventi urgenti.
Ecco perché, oltre a rivolgere un appello al Governo e all'Europa per attivare subito tutti gli strumenti necessari per indennizzare almeno parte dei danni subiti dagli allevatori, come Confederazione continueremo con iniziative utili -ribadisce la Cia-. L'obiettivo è creare una vera e propria rete "connessa" con il territorio per aiutare gli agricoltori delle aree colpite ad affrontare questo momento così drammatico.
Per informazioni e donazioni si può scrivere all'indirizzo mail
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Con i prezzi degli ortaggi che aumentano in media del 200% dal campo alla tavola è allarme speculazioni a causa del maltempo che ha colpito le regioni del Mezzogiorno dalle quali provengono gran parte delle produzioni orticole Made in Italy che finiscono sugli scaffali. E’ l’allarme lanciato dalla Coldiretti sugli effetti del gelo e della neve che hanno provocato nei campi danni incalcolabili al momento per il nuovo aggravarsi della situazione. Dalla Puglia alla Basilicata, dalle Marche al Lazio, dall’Abruzzo al Molise, dalla Sicilia alla Calabria sono salite oggi a decine di migliaia le aziende agricole che hanno perso le produzioni di ortaggi invernali prossimi alla raccolta, dai carciofi alle rape, dai cavolfiori alle cicorie, dai finocchi alle scarole, per effetto del gelo che ha bruciato le piantine ma anche – sottolinea la Coldiretti - gravi i danni si sono verificati sugli agrumeti così come per i vigneti di uva da tavola che hanno ceduto sotto il peso della neve. Oltre alle verdure pronte per la raccolta, si contano – continua la Coldiretti - serre danneggiate o distrutte sotto il peso della neve, animali morti, dispersi e senz’acqua perché sono gelate le condutture, ma anche aziende e stalle isolate che non riescono a consegnare il latte quotidiano e le verdure. Il risultato – precisa la Coldiretti - è che sono crollate del 70% le consegne dalla Puglia di ortaggi sia perché bruciati in campo sia perché i mezzi non possono ancora circolare liberamente per rifornire adeguatamente i mercati lungo tutta la Penisola. Alcune referenze – riferisce la Coldiretti - non sono piu’ presenti nei banchi dei mercati all’ingrosso e in quelli del dettaglio mentre per altre le disponibilità sono ridotte ai minimi termini, dai finocchi ai carciofi, dai cavoli alle zucchine con inevitabili rifessi sui prezzi. Secondo le rilevazioni del Centro ortofrutticolo di Roma tra gli aumenti più pesanti rispetto alla stessa settimana dello scorso anno spiccano il +350% delle bietole, il +233% dei cipollotti, il +225% degli spinaci, il +170% della lattuga, il 157% delle zucche, il 150% dei cavoli. Alcuni prodotti pero’ – avverte la Coldiretti - sono già raccolti da tempo come mele, pere e kiwi e non sono dunque giustificabili eventuali rincari mentre rialzi alla produzione dovuti all'aumento dei costi di riscaldamento delle serre o alla ridotta disponibilità di alcuni prodotti orticoli danneggiati dalle gelate non possono essere un alibi per speculazioni che danneggiano i produttori agricoli e i consumatori. Occorre anche evitare che vengano spacciati prodotti stranieri come nazionali per giustificare aumenti non dovuti e per questo di fronte alle trappole del mercato in agguato, per fare acquisti di qualità al giusto prezzo la Coldiretti ha elaborato un vademecum per la frutta e verdura che consiglia di verificare l'origine nazionale per essere sicuri della stagionalità, di preferire le produzioni locali che non sono soggette a lunghi trasporto e privilegiare gli acquisti diretti dagli agricoltori. Un modo per aiutare in un momento di difficoltà l’agricoltura di vaste aree del paese dove è positivo l’avvio delle procedure per la dichiarazione dello stato di calamità annunciato dalle regioni e dal Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina.
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Il nome Vallagarina o Val Lagarina identifica l'ultimo tratto tra i monti della valle percorsa dal fiume Adige, dove si producono pregiati vini e spumanti. Qui, nelle verdi campagne trentine, coltivate a vite e ciliegi della frazione Brancolino, ha sede la storica Distilleria Marzadro, presente il 15 dicembre scorso negli spazi del Wincity Sisal di Milano. I partecipanti a questo evento milanese, hanno potuto gustare inoltre l’ accostamento tra grappa e cioccolato Domori, apprezzando le qualità dell’una e dell’altro.
La Grappa Le Diciotto Lune è il prodotto di punta dell’ azienda trentina e il suo blend di vinacce (Marzemino, Merlot, Teroldego, Moscato e Chardonnay) si è sposato alla perfezione con la dolcezza del cioccolato teyuna, caratterizzato da un retrogusto di miele. Ad Anfora, la Grappa che passa 10 mesi di affinamento in grossi contenitori di terracotta è stato affiancato un cioccolato al latte, capace di valorizzare il gusto elegante del distillato. Per proseguire poi con le tre Grappe monovitigno, Amarone, Chardonnay e Gewürztraminer, della linea le Giare, accostate ad un cioccolato chuao dal gusto cremoso, che esaltava la ricchezza aromatica dei distillati.
La Distilleria Marzadro, giunta alla terza generazione, ha origine nel 1949 a Brancolino di Nogaredo (Tn). Sabina Marzadro e il fratello Attilio hanno reso fin dall’inizio questa azienda un punto di riferimento del territorio: otto alambicchi in rame distillano secondo il sistema discontinuo a bagnomaria, tipico del Trentino. La sede attuale, subentrata a quella originaria da circa 10 anni, è un meraviglioso complesso architettonico in vetro, pietra e legno, attorniato da ettari di vigneti. Oltre a fornire una vastissima gamma di Grappe, infusi e liquori, la Distilleria Marzadro può vantare circa 60.000 turisti all’anno che entrano in azienda alla scoperta della distillazione attraverso visite guidate oltre che scoprire l’eccellenza e la qualità dei prodotti.
Antonio Vanzillotta
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Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che è stato firmato dai Ministri Maurizio Martina e Carlo Calenda il decreto che introduce in etichetta l'indicazione obbligatoria dell'origine per i prodotti lattiero caseari in Italia.
La firma segue il parere positivo delle Commissioni Agricoltura della Camera e del Senato e l'intesa raggiunta in Conferenza Stato Regioni.
Con questo nuovo sistema, una vera e propria sperimentazione in Italia, sarà possibile indicare con chiarezza al consumatore la provenienza delle materie prime di molti prodotti come latte UHT, burro, yogurt, mozzarella, formaggi e latticini. Il provvedimento si applica al latte vaccino, ovicaprino, bufalino e di altra origine animale.
Il decreto prevede che il latte o i suoi derivati dovranno avere obbligatoriamente indicata l'origine della materia prima in etichetta in maniera chiara, visibile e facilmente leggibile.
Le diciture utilizzate saranno "Paese di mungitura: nome del Paese nel quale è stato munto il latte" e "Paese di condizionamento o trasformazione: nome del Paese in cui il prodotto è stato condizionato o trasformato il latte".
Qualora il latte o il latte utilizzato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari, sia stato munto, confezionato e trasformato, nello stesso Paese, l'indicazione di origine può essere assolta con l'utilizzo di una sola dicitura: ad esempio "ORIGINE DEL LATTE: ITALIA".
Se le fasi di confezionamento e trasformazione avvengono nel territorio di più Paesi, diversi dall'Italia, possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le diciture “latte di Paesi UE” se la mungitura avviene in uno o più Paesi europei; “latte condizionato o trasformato in Paesi UE” se queste fasi avvengono in uno o più Paesi europei.
Se le operazioni avvengono al di fuori dell'Unione europea, verrà usata la dicitura "Paesi non UE".
Sono esclusi solo i prodotti Dop e Igp che hanno già disciplinari relativi anche all'origine e il latte fresco già tracciato.
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Food market: molto più di semplici mercati, veri e propri luoghi in cui si respira un’atmosfera magica, dovuta probabilmente al mix unico tra schiamazzi, folle di persone affamate, profumi di carni e verdure di ogni tipo e quell’aria di sfida che si crea quando si cerca di contrattare sul prezzo. Trovate il vostro angolo di paradiso gastronomico visitando alcuni tra i food market migliori d’Europa.
Amsterdam: De Hallen
Se volete divertirvi tutta sera senza dovervi spostare da un locale all’altro, De Hallen è ciò che fa per voi. Questo deposito dei tram dell’Ottocento, oggi abilmente ristrutturato, si trova nel bel mezzo di Oud-West, la zona di Amsterdam sempre più gettonata tra i buongustai.
Scegliete un ristorante (Remise47, Halte 3, Belcampo Café e Meat West si trovano tutti nello stesso complesso) oppure scoprite il gigantesco FoodHallen, la risposta di Amsterdam al Torvehallerne di Copenaghen e al Borough Market di Londra: venti food truck (camioncini-ristorante) in cui è possibile trovare leccornie di ogni tipo e provenienza, come hot-dog di alta qualità e Bánh mì vietnamita.
Lasciate un angolino libero per i popcorn: il cinema indipendente situato accanto al mercato è uno dei più grandi (e comodi) della città.
Copenaghen: Torvehallerne KBH
Spezie pregiate, cioccolato di qualità, pane biologico, gelato artigianale e vini selezionati. I denominatori comuni di questi prodotti sono artigianalità, eccellenza e sapore, tutti da provare in questo mercato coperto di Copenaghen. Anche se non cercate un prodotto in particolare, curiosando qua e là troverete sicuramente l’ispirazione (e qualche prelibatezza per risvegliare le vostre papille gustative).
Godetevi piatti realizzati seguendo antiche ricette locali, ma anche specialità provenienti da tutto il mondo, tra cui Spagna, Italia, Grecia, Asia e Sud America. Provate il caffè di alta qualità di The Coffee Collective.
Lisbona: Mercado da Ribeira
Spezie piccanti, pesce fresco, fiori… questo mercato ha tutto ciò che si potrebbe desiderare. Inserito in un edificio neoclassico risalente al 1882, il contesto e l’atmosfera contribuiscono a creare un’aura davvero speciale attorno a questo mercato, soprattutto nelle prime ore del mattino.
L’edificio, in cui un tempo si svolgeva il mercato per la gente comune di Lisbona, è stato acquisito di recente dalla rivista Time Out e, dopo un lungo progetto di ristrutturazione, presenta ora un bar di tendenza al piano superiore e più di 20 banchi gastronomici con tantissimi tipi di cucina tra cui scegliere. Le immagini in bianco e nero appese alle pareti ritraggono pescivendoli del secolo scorso, offrendo uno spaccato di vita davvero interessante: un tempo, i pescatori ormeggiavano infatti le proprie imbarcazioni all’esterno e usufruivano del mercato per vendere il loro pesce direttamente ai clienti.
Parigi: Le Quartier Chinois
La Chinatown di Parigi non somiglia per niente al Quartiere Latino. A dirla tutta, non sembra nemmeno di essere a Parigi. Niente edifici eleganti, né balconi con ghirigori, bensì cupi palazzi di cemento ed enormi grattacieli.
Nonostante l’aspetto poco invitante del quartiere, è un paradiso per chi ama mangiare o cucinare cibo asiatico. Nei dintorni del Quartiere Latino vivono circa 250.000 cinesi, vietnamiti e thailandesi ed è proprio per questo che, in questa zona, si può trovare qualsiasi prelibatezza e ingrediente della cucina asiatica. Provate ad esempio il supermercato Frères Tang di Avenue d’Ivry: troverete salse, fagioli, verze e tipi di riso di cui ignoravate persino l’esistenza.
Ricordate tuttavia che molti dei negozianti non parlano né francese né inglese, quindi potrebbe essere difficile comunicare con loro.
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Non sono annoverati soltanto ristoranti, ma anche pizzerie, locali per l'aperitivo, birrifici, sale da the, cascine, agriturismi, centri benessere e spa nella “Guida ai Sapori e ai Piaceri della Lombardia”, edita da La Repubblica. E questa nuova edizione non suggerisce solo mete milanesi, ma dell’intera Lombardia.
Nell'edizione 2017, presentata al Mandarin Oriental Hotel di Milano, sono infatti indicati anche itinerari del gusto, per scoprire i prodotti tipici regionali, e percorsi nella natura, tra parchi e laghi. Il volume è stato illustrato dal direttore delle Guide di Repubblica Giuseppe Cerasa e sono intervenuti il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, il sindaco di Milano Giuseppe Sala, e il caporedattore del quotidiano La Repubblica Milano Roberto Rho.
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E’ cominciato il conto alla rovescia verso Natale e tutte le feste che gli fanno da contorno: le cene con gli amici per i rituali auguri, la notte della vigilia, il Capodanno.
Milano si accende di mille luci nuove, abbandona la sua veste fredda e razionale per trasformarsi in uno scenario incantato, per rivivere l’atmosfera delle favole, per proporre quel lato umano che spesso nel corso dell’anno le sfugge.
Natale è tempo di regali e di sorprese, ma anche di incontri, a volte davvero inaspettati. E regalo, sorpresa, incontro è quello che propone nel cuore della city Palazzo Parigi Hotel & Grand Spa, attraverso un ospite d’eccezione che ci porta in dono – oltre alla sua presenza – il gusto di una cucina che ha fatto di lui un vero Maestro della gastronomia: Gianfranco Vissani.
Due stelle Michelin, toscano DOC, figura imponente con una risata aperta e contagiosa. Schietto e sincero come i suoi piatti e la sua filosofia: abbandonare le contaminazioni chimiche dal cibo per tornare a esaltare gli elementi che la natura ci offre; dimenticare “inglesismi” di moda (primi fra tutti brunch ed happy hour) per rimpossessarci del nome delle cose come le abbiamo sempre chiamate.
Per la prima volta ai fornelli di Milano, Chef Vissani sarà ospite delle cucine di Palazzo Parigi Hotel dal 12 dicembre al 1° gennaio prossimi.
“Porto a Palazzo Parigi la mia creatività tra tradizione e innovazione, la provocazione di Vissani. Creo ogni piatto come un’opera d’arte, gli ingredienti sono i suoi colori. Uno può essere paragonato a un Rembrandt o a un Velasquez, un altro a un’opera d’arte contemporanea”. Spiega il Maestro.
Così racconta i menù speciali che ha creato per Palazzo Parigi per i giorni di festa:
“Il menù della Vigilia è “galeotto”, a partire dal prezzo, e ha per protagonista l’astice, proposto con gelatina di peperoni rossi e salsa di pomodori gialli arrosto; quello di Natale comprende un capolavoro come il Risotto con asparagi, fonduta di pera e crudo di gamberi rossi.
A Capodanno propongo un piatto come l’Aragosta con insalata di avocado, salsa di aragosta e zenzero, tartara di tonno e olive, infuso di zenzero fresco, creato per far sognare, e porto la tradizione del cotechino con le lenticchie, dove però la zuppa di lenticchie è contaminata da un purè di carote arancione e il cotechino è essiccato all’arancia”.
La stessa filosofia, dove convivono provocazione, tradizione e contemporaneità, accompagnate da una profonda conoscenza delle materie prime, accuratamente selezionate, si rispecchia nel menù à la carte, opera d’arte che andrà in scena ogni sera, ad eccezione di quelle della Vigilia e di San Silvestro.
Altri protagonisti quotidiani dell’esperienza di Vissani a Palazzo Parigi saranno l’aperitivo o per meglio dire, secondo la definizione dello Chef, “La merenda”, e il brunch, nella personale e unica interpretazione del Maestro: “Il brunch non è altro che una tavola calda a cui hanno tolto il vapore dai vetri per sostituirlo con banconi lucidi, dove non ci sono tovaglie ma non mancano mai le orchidee. Oggi il brunch è minimalista, i piatti sono luccicanti ma sanno di poco. La tavola calda, invece, è un simbolo italiano, riporta a Roma, in Via Veneto, negli anni Sessanta. Noi qui vogliamo far rivivere la tradizione della tavola calda, con la sua qualità del cibo e la sua attenzione alle materie prime, nello spettacolo di Palazzo Parigi, circondati di bellezza”.
E sarà proprio l’unicità italiana una delle parole chiave di “Vissani a Palazzo Parigi”, un fil rouge che unisce il Maestro e la realtà che lo ospita, che si distingue per essere un albergo di proprietà e gestione completamente italiana in un mondo, quello dell’hotellerie a 5 stelle, dominato anche a Milano dalle grandi catene internazionali.
Una destinazione dall’eleganza raffinata nel cuore del capoluogo lombardo, pronta ad accogliere il celebre chef e la sua arte, per far vivere l’esperienza sensoriale straordinaria della cucina di Gianfranco Vissani nella magia di Palazzo Parigi, perché non dobbiamo dimenticare che siamo italiani, che per noi il cibo non è solo sostentamento ma una filosofia di vita e la bandiera che ci ha resi famosi e inimitabili in tutto il mondo.
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Il gotha del food si è ritrovato come ogni anno al Lingotto Fiere di Torino, in occasione del Gourmet Expoforum. Chef, pasticceri, barman e imprenditori affermati hanno messo a disposizione dei visitatori le loro competenze ed esperienze.
In questo contesto innovativo e dinamico, Iginio Massari si è confermato il numero uno assoluto nella graduatoria della Guida Pasticceri&Pasticcerie 2017 del Gambero Rosso, presentata al salone del Lingotto di Torino.
Imbattibile, il fuoriclasse bresciano mantiene quindi la leadership nella classifica stilata dagli ispettori del Gambero Rosso alla ricerca dei dolci migliori d’Italia: l’intramontabile Pasticceria Veneto quest’anno ha addirittura implementato il suo bottino, passando da 93 a 95/100, il più alto punteggio assegnato a livello nazionale. Il famoso pasticcere ha voluto dedicare alcune parole alle nuove leve: “Invito i giovani pasticceri a non accontentarsi mai. Solo con la volontà di rinnovarsi sempre si possono raggiunger alti livelli. Il talento senza impegno e capacità non serve a nulla”
Massari ha partecipato più volte come ospite a Masterchef Italia, in veste di giudice speciale della temutissima prova di pasticceria e prossimamente sarà protagonista in tv con un nuovo format originale. Nel 2015 è stato il primo Presidente di giuria “straniero” in terra francese della COUPE DU MONDE DE PATISSERIE.
Il suo segreto? Sperimentazione e ricerca continua, senza mai dimenticare la propria identità e le proprie origini.
I dolci di Massari incantano il palato, ma prima ancora conquistano gli occhi con colori armonici e forme pulite. Il dolce, nella sua semplicità, deve essere prima di tutto elegante.
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In una sola generazione sono praticamente raddoppiati i consumi mondiali di olio di oliva con un balzo del 73% negli ultimi 25 anni che ha cambiato la dieta dei cittadini in molti Paesi, dal Giappone al Brasile, dalla Russia agli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna alla Germania. È quanto emerge dallo studio Coldiretti presentato alla Celebrazione giornata mondiale dell’olio di oliva indetta dal Consiglio Oleicolo Internazionale (COI). Si tratta di una tendenza positiva che ha avvantaggiato anche l’Italia con un aumento record delle esportazioni di olio di oliva dell’8’% nei primi otto mesi del 2016, e – sottolinea la Coldiretti - valori che vanno per il Made in Italy dall’aumento del 18% in Cina, dove però le quantità sono ancora ridotte, al +7% del Giappone fino al +11% negli Usa, dove è diretto quasi 1/3 dell’olio di oliva che varca le frontiere nazionali.
Nel mondo sono stati consumati complessivamente 2,99 miliardi di chili di olio di oliva nel corso dell’anno con la vetta della classifica conquistata dall’Italia con 581 milioni di chili, seguita dalla Spagna con 490 milioni di chili, ma sul podio - continua la Coldiretti - salgono a sorpresa anche gli Stati Uniti con un consumo di ben 308 milioni di chili e un aumento record del 250% nell’arco di 25 anni. Ma la crescita dei consumi - prosegue la Coldiretti - è avvenuta in modo vorticoso nell’ambito di una generazione anche in altri importanti Paesi a partire dal Giappone dove l’incremento è stato addirittura del 1400% per un consumo di 60 milioni di chili nel 2015, in Gran Bretagna con una crescita del 763% a 59 milioni di chili e in Germania che, con un incremento del 465%, raggiunge i 58 milioni di chili. Una rivoluzione nella dieta si è verificata anche in Paesi come il Brasile in cui l’aumento è stato del 393% per un totale di 66,5 milioni di chili, la Russia in cui l’aumento è stato del 320% anche se le quantità restano limitate a 21 milioni di chili e la Francia che con un incremento del 268% ha superato i 103 milioni di chili. La situazione - continua la Coldiretti - è invece profondamente diversa nei Paesi tradizionalmente produttori come l’Italia dove nel corso dei 25 anni i consumi sono rimasti pressoché stabili (+8%), la Spagna dove c’è stato un debole aumento del 24% mentre in Grecia si è verificato addirittura un calo del 27%.
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Tra le tante peculiarità enogastronomiche che il mondo ci invidia, il tartufo è sicuramente tra i prodotti più pregiati. Principe dei boschi, prezioso e misterioso, in questo periodo dell’anno è il protagonista della cucina più che mai: ecco le località dove trascorrere un weekend a fare scorpacciate di tartufo.
Il Piemonte è senza dubbio il regno incontrastato del gustosissimo fungo, patria del più pregiato al mondo: il Tartufo Bianco di Alba. La provincia di Asti tutta può vantare una ricca produzione di tartufo bianco, ma in generale in Piemonte si trovano anche il Tartufo Nero Pregiato, lo Scorzone e l’Uncinato (oltre a varie specie meno pregiate ma pur sempre deliziose!) e le località dove recarsi per fare scorpacciate sono le Langhe e il Monferrato, il Roero le zona collinare del sud.
Il Tartufo Nero Pregiato di Norcia è l’altra eccellenza italiana nel settore: si tratta del nome commerciale del tubero (si trova anche in Veneto e Piemonte), ma che identifica anche la sua provenienza umbra. L’Umbria è infatti una regione ricchissima, tanto che si celebra con diverse fiere.
La Toscana vanta diverse località ‘tartufare’, tra cui la zona di San Miniato, in provincia di Pisa. Il centro italia e in particolare la dorsale Appenninica si presta perfettamente alla proliferazione del profumato frutto della terra, ed anche le Marche difatti hanno il loro vanto nel settore enogastronomico: la zona di Acqualagna (Pesaro-Urbino) è una delle più prestigiose della penisola per la raccolta del tartufo Bianco Pregiato e Nero Pregiato.
Scendiamo più a sud nella penisola e troviamo la provincia di Isernia con San Pietro Avellana, dove si raccoglie abbondantemente sia il nero che il bianco.
L’Associazione Nazionale Città del Tartufo, l’Associazione del Centro Nazionale Studi Tartufo e l’Ente Fiera Internazionale del tartufo bianco di Alba hanno siglato un accordo di collaborazione per avviare l’iter burocratico necessario per far entrare la cultura tartufigena nella lista dei patrimoni immateriali dell’Unesco.
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Se tutti concordano nel dire che il futuro del packaging deve essere green, nostrane sono invece le soluzioni per arrivare a questo risultato.
Secondo una ricerca condotta da Francesco Bertolini dell’Università Bocconi di Milano su commissione di Club carta e cartoni di Comieco e Novamont e presentata a Cosmofood di Vicenza, l’introduzione di nuovi packagin bio based (a base cellusosica e di bioplastica), al posto di quelli in plastica, ridurrebbe i rifiuti e renderebbe ancora più virtuose le due maggiori filiere della raccolta differenziata: carta e organico.
Per quanto riguarda la prima incrementerebbe il tasso di riciclo di carta e cartone che attualmente è rispettivamente dell’80 e 89%, mentre l’utilizzo di imballaggi che possono essere conferiti insieme agli alimenti scaduti nella raccolta dell’umido consentirebbe, nei Paesi oggetto dello studio (Italia, Francia, Uk), di sottrarre alle discariche quasi 900 mila tonnellate di packaging, tra uso domestico e scarto della gdo, e di indirizzarlo nella filiera del compost e favorirebbe un aumento nell’uso di carta pari a circa 588mila tonnellate e un aumento del mercato delle bioplastiche pari a oltre 121mila tonnellate.
I packaging bio based potrebbero inoltre ridurre le presenze di materiali estranei nella raccolta differenziata della carta e dell’organico con significativi risparmi di costi di smaltimento (22 milioni di euro per la frazione carta e fino a 56 milioni di euro per l’organico).
Il packaging sostenibile e circolare va inoltre a soddisfare la crescente offerta di prodotti biologici, vegani e vegetariani dai quali i consumatori si attendono un imballo coerente.
Alte quindi le potenzialità del mercato: in Italia le vendite di questi segmenti merceologici, e dei relativi packaging, hanno registrato nel 2015 un incremento a due cifre: +17% le bevande sostitutive del latte, +24% i formaggi di soia, +38% le zuppe di verdure pronte.
Questi trend si riscontrano anche nel resto d’Europa e in Francia e Regno Unito: Oltralpe la spesa per i prodotti alimentari biologici confezionati ha raggiunto i 2 miliardi di dollari nel 2014 e nel Regno Unito la spesa per i prodotti etici (biologici, vegetariani, del commercio equo-solidale) ha raggiunto gli 8,4 miliardi di sterline nel 2013 (l’8,5% della spesa alimentare domestica).
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Dal 13 dicembre del 2016, entrerà in vigore la nuova normativa europea, che obbliga i prodotti alimentari a riportare in etichetta i nutrienti presenti, la loro quantità nonché il loro valore energetico complessivo. Uno strumento in più per consentire a tutti una alimentazione sana ed equilibrata. Tuttavia, il consumatore possiede le informazioni necessarie per comprendere ciò che legge e per scegliere nel modo giusto? A tal fine, un team multidisciplinare di ricercatori del CREA, coordinato dal Gabriella Lo Feudo, dopo i positivi riscontri delle due Guide precedenti, ha messo a punto una nuova e ampliata edizione della Guida, dedicata appunto all’etichetta nutrizionale, con cui, a breve, dovremo tutti imparare a familiarizzare.
Si tratta di uno strumento di agile lettura e facile consultazione, con una grafica che riproduce fedelmente le etichette nutrizionali più diffuse di numerose tipologie di prodotto.
“ La ricerca è anche questo – afferma Ida Marandola, direttore generale CREA – fornire ai cittadini elementi certi di conoscenza per poter migliorare la qualità della vita di ogni giorno e per diffondere la consapevolezza dell’unicità del nostro patrimonio agroalimentare”.
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Dal 12 al 15 novembre, alla Fiera di Vicenza, la quarta edizione di Cosmofood.
Incontri, corsi, degustazioni: 450 aziende dall'Italia e dal mondo, 100 tra eventi, corsi, degustazioni e seminari, 4000 prodotti da vedere, degustare e acquistare.
Più di 40.000 i visitatori attesi per un format capace di catalizzare l'attenzione tanto del pubblico dei foodies, quanto degli operatori professionali. I primi possono trovare prodotti artigianali e sperimentare attraverso corsi ed esperienze in cucina; i secondi hanno in Cosmofood un'occasione di incontro e crescita professionale con una proposta quest'anno ancor più vasta di prodotti e servizi per la gestione della ristorazione.
Presenti all'edizione 2016 autentiche perle gastronomiche, come il Formaggio Castellaccio di Barrique dalla Franciacorta, il Pandolce genovese, lo Zafferano della Lucchesia, la Nocciola del Piemonte DOP, o autentiche rarità come il Caviale di lumaca o la pregiatissima Carne di Kobe degli allevamenti giapponesi. Sono presenti le principali realtà alimentari vicentine, come Facci marmellate, i salumi Fantin, Caffè Vero e Centrale del latte di Vicenza.
Novità di quest'anno lo spazio Arena, nel quale si esibiranno, in uno show cooking gratuito, quattro chef: Lorenzo Cogo, sabato 12 novembre alle ore 12; Giuliano Baldessari, domenica 13 alle 17; Chiara Maci, lunedì 14 alle ore 15 e Ernst Knam, martedì 15 alle 12.
Tre i padiglioni su cui si svilupperà l'evento, uno in più rispetto alla passata edizione: il padiglione 7 sarà interamente dedicato ai prodotti alimentari con vino, birra artigianale, prodotti di qualità dall'Italia e dal mondo e un settore dedicato al mondo delle intolleranze alimentari, Gluten Free, Bio &Vegan. Sarà aperto da sabato a lunedì dalle 9 alle 22, per lasciare tempo agli appassionati di gustare le numerose opportunità offerte e cenare all'interno della fiera in uno dei tre ristoranti tipici (romano, maremmano e brasiliano) o nei numerosi punti di ristoro take away. Martedì invece l'orario sarà dalle 9 alle 19.
I padiglioni 1 e 6 saranno interamente dedicati alle attrezzature professionali. Un'area raddoppiata rispetto alla scorsa edizione, dove sarà possibile incontrare direttamente le aziende e scoprire le ultime novità tecnologiche nel campo della ristorazione. L'orario di apertura sarà dalle 9 alle 19 per i quattro giorni.
Il biglietto di ingresso costa 7 euro.
Info:
www.cosmofood.it
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Tornano anche quest’anno, nel cuore dell’Umbria e a pochi passi dalla splendida Orvieto, i giorni dedicati all’arrivo dell’olio nuovo extra vergine di oliva. Un’occasione unica, per chi ama unire turismo e buona tavola, per conoscere la civiltà dell’olio, gustare le prelibatezze tipiche, riscoprire i giochi tradizionali e passare giornate indimenticabili tra musica e divertimento nella magica cornice del Vecchio Frantoio Bartolomei, tra i più antichi dell’Umbria, situato tra le dolci colline umbre che caratterizzano la zona di Montecchio.
La manifestazione ‘I giorni dell’olio nuovo’, inserita anche all’interno del programma regionale di Frantoi Aperti, si svolge nei quattro fine settimana di novembre quando il lavoro del frantoio Bartolomei è a pieno regime per la produzione del “nettare verde” e riprende al suono lento e profondo delle macine per aprire le porte ai visitatori.
Dal 5 al 27 novembre, pertanto, i visitatori potranno lasciarsi trasportare dal sapore dell’olio, con assaggi dell’oro verde, escursioni negli oliveti sia a piedi che con i quad, raccolta delle olive, la possibilità di visitare il frantoio in funzione e la visita al museo dell’olio, vera e propria perla della famiglia Bartolomei e realizzato con l’intento di valorizzare e far conoscere sempre più e meglio la vita agricola umbra. Il Frantoio Bartolomei, infatti, nasce verso la fine del 1800 dalla forte relazione che, da sempre, lega questa famiglia alla produzione dell’olio. Oggi la gestione è affidata ai fratelli Carla, Rita e Pierluigi che, nel rispetto degli insegnamenti ricevuti e con estrema passione, portano avanti un lavoro secolare.
Ed anche per l’edizione 2016 de ‘I giorni dell’olio nuovo’, la famiglia Bartolomei vuole ricreare quell’atmosfera conviviale che da sempre caratterizza le iniziative che si svolgono nel Frantoio. Molto interessanti sono i percorsi guidati per immergersi nella civiltà dell’olio (visite al Museo e al Frantoio con dimostrazioni del ciclo produttivo), degustazioni tipiche e gratuite, concerti, corsi, giochi e canti della tradizione, animazioni per grandi e piccoli.
Ogni sabato dalle 17 apre la ‘Bruschetteria’ per andare alla scoperta del vero sapore dell’olio. È infatti un gusto semplice e antico quello della bruschetta, la fetta di pane sciapo abbrustolita sulle braci e intrisa di olio nuovo. Quello ancora opaco, fresco di frantoio, che ha l’odore amaro delle olive appena colte e il sapore che si evolve nel palato. Ma basta poco tempo per far perdere all’olio extravergine di oliva la sua anima nuova.
Ogni sabato e domenica il menu fisso si fa più ricco e ad allietare la giornata ci sarà il ‘Pranzo Tipico’ (è obbligatoria la prenotazione del posto a tavola per scoprire l’olio nuovo, 20 euro a persona, tel. 0744-951395).
Oltre agli otto giorni di eventi, il Frantoio rimane comunque aperto tutti i giorni di novembre con orario continuato (dalle 9 alle 19). Con l’iniziativa “L’olio Mio - Raccogli Con Noi” è infine possibile prenotare la giornata preferita per partecipare alla raccolta delle olive (minimo 10 partecipanti, costo 25 euro a persona comprensivo di esperienza sensoriale della raccolta e pranzo tipico, tel. 0744-951395).
Per tutto il periodo de ‘I giorni dell’olio nuovo’ sarà attiva un’offerta speciale sull’olio extra vergine di oliva nelle lattine da 5 lt.
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Ricordano la biblica invasione delle cavallette gli sciami di cimici che stanno invadendo il nord Italia costringendo nei centri abitati i cittadini a barricarsi in casa con porte e finestre chiuse mentre nelle campagne si contano i danni provocati da questi insetti insaziabili che distruggono pere, mele, kiwi, uva ma anche coltivazioni di soia e mais.
È l’allarme lanciato dalla Coldiretti per l’arrivo in Italia della “cimice marmorata asiatica” che è particolarmente pericolosa per l’agricoltura perché prolifica con il deposito delle uova almeno due volte all`anno con 300-400 esemplari alla volta. La prima segnalazione – sottolinea la Coldiretti - si è avuta in Emilia Romagna nel 2012 ma quest’anno la situazione è drammatica soprattutto nel nord est, tra Friuli e Veneto, anche se non mancano riscontri in altre regioni, dalla Lombardia al Piemonte.
A favorirne la diffusione è stato un autunno particolarmente caldo con la moltiplicazione degli esemplari che non hanno in Italia antagonisti naturali. Un problema che – precisa la Coldiretti - rende molto difficile la lotta all’insetto che da adulto è in grado di volare per lunghe distanze alla ricerca del cibo e sverna come adulto in edifici o in cassette e anfratti riparati per poi raggiungere n primavera le piante per alimentarsi, accoppiarsi e deporre le uova.
La lotta per ora può dunque avvenire solo attraverso protezioni fisiche come le reti anti insetti a protezione delle colture perché non è possibile importare insetti antagonisti dalla Cina per motivi sanitari. Se le cimici provocano vere stragi delle coltivazioni, per l’uomo, oltre al fastidio provocato dagli sciami che si posano su porte, mura delle case e parabrezza delle auto, l’unico pericolo è quello di restare vittima del cattivo odore che gli insetti emanano se schiacciati.
Il nome scientifico è Halyomorpha halys, o cimice marmorata ed è un insetto originario dall`Asia orientale, in particolare da Taiwan, Cina, Giappone. Gli studiosi la definiscono una varietà estremamente polifaga che si nutre di un`ampia varietà di specie coltivate e spontanee.
L’invasione dei cosiddetti insetti alieni provenienti da altri continenti è dovuta dall’intensificarsi degli scambi commerciali attraverso i quali sono arrivati in Italia dove hanno trovato un habitat favorevole a causa dei cambiamenti climatici. La cimice asiatica è infatti solo l’ultimo dei parassiti inediti per l’Italia dove nel tempo sono arrivati, per fare qualche esempio, dalla Popillia Japonica alla Drosophila suzukii, dal Dryocosmus kuriphilus alla Xylella, con un conto dei danni all’agricoltura nazionale stimato in oltre il miliardo di euro.
Se la Xylella fastidiosa che sta facendo strage di ulivi nel Salento è proveniente dal Costa Rica, le castagne hanno invece già pagato un conto salatissimo con la produzione che è scesa drammaticamente per colpa del cinipide galligeno del castagno, il Dryocosmus kuriphilus, proveniente dalla Cina che provoca nella pianta la formazione di galle, cioè ingrossamenti delle gemme di varie forme e dimensioni contro il quale è stata avviata una capillare guerra biologica attraverso lo sviluppo e accurata diffusione dell’insetto Torymus sinensis, che è un antagonista naturale, anche se ci vorrà molto tempo per ottenere un adeguato contenimento.
E se gli agrumi della Sicilia sono stati gravemente attaccati dalla Tristeza (Citrus Tristeza Virus) che ha indebolito oltre il 30 per cento delle coltivazioni, centinaia di migliaia di piante di kiwi del Lazio e Piemonte sono state letteralmente sterminate dalla batteriosi del kiwi (Pseudomonas syringae pv. Actinidiae), mentre melo e pero in Emilia sono stati colpiti dal colpo di fuoco batterico (Erwinia amylovora). Ma c’è anche il punteruolo rosso Rhynchophorus ferrugineus originario dell’Asia che ha fatto strage di decine di migliaia di palme dopo essere comparso in Italia per la prima volta nel 2004 e da allora si è dimostrato un vero flagello che ha interessato il verde pubblico e privato in Sicilia, Campania, Calabria, Lazio, Liguria, Abruzzo e Molise. E danni incalcolabili sta anche facendo la Drosophila suzukii il moscerino killer molto difficile da sconfiggere che ha attaccato ciliegie, mirtilli e uva soprattutto in Veneto.
Siamo di fronte ai drammatici effetti dei cambiamenti climatici che si manifestano con una tendenza al surriscaldamento che si è accentuata negli ultima anni ma anche con il moltiplicarsi di eventi estremi, sfasamenti stagionali e precipitazioni brevi ed anche l'aumento dell'incidenza di infezioni fungine e dello sviluppo di insetti che colpiscono l’agricoltura.
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Dal 28 al 30 ottobre, al Superstudiopiù di Via Tortona 27, aprirà le porte a ChePizza! dando vita al primo evento dedicato al mondo della pizza nella sua versione gourmet.
Consorzio Provolone Valpadana DOP prende parte alla kermesse milanese che chiama a raccolta 18 tra i più importanti pizzaioli d’Italia proponendo la loro pizza gourmet con il gustoso e poliedrico formaggio.
Gino Sorbillo (celebre per la sua pizza fritta), Gianni Dodaj, il campione del Mondo Pasquale Moro, Renato Bosco (con il suo doppio crunch vegano) ed ancora Simone Padoan, Roberto Ghisolfi, Massimo Giovannini, Denis Lovatel, Simone Lombardi, Eduardo Ore, Teodoro Chiancone, Romualdo Rizzuti, Valerio Torre, Massimo Gatti, Antonino Esposito, Ciro Oliva e Antonio Pappalardo prepareranno la loro gustosissima meraviglia scegliendo tra la versioni dolce e piccante del Provolone Valpadana.
Consorzio Provolone Valpadana DOP sarà presente a ChePizza! anche con uno stand dedicato dove i visitatori potranno assaggiare il prodotto puro.
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Il futuro della suinicoltura italiana al centro degli Stati Generali del comparto, uno degli eventi di punta delle Fiere Zootecniche Internazionali che tornano dal 26 al 29 ottobre a CremonaFiere. Rappresentanti delle associazioni di categoria ed esperti del settore si incontreranno giovedì 27 (dalle 10 alle 13 presso l'Area Forum) per parlare non solo della difesa del modello produttivo, agricolo, zootecnico e agroindustriale italiano, ma anche della salvaguardia della sicurezza alimentare dei cittadini, del benessere degli animali e dell'ambiente. Gli Stati Generali della Suinicoltura si prefiggono così l'ambizioso obiettivo di arrivare a definire linee guida condivise da tutti i protagonisti della filiera; per dare un nuovo impulso al modello nazionale e creare una rete di comunicazione efficace che faccia comprendere al consumatore il valore intrinseco delle produzioni italiane.
Tra i protagonisti degli Stati Generali della Suinicoltura ci sarà Alberto Allodi, presidente di Assalzoo – Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici alla quale aderiscono oltre 120 aziende, che rappresentano circa il 75% della produzione mangimistica industriale realizzata in Italia. “Benessere animale, trasparenza dei sistemi di produzione e sostenibilità, sono aspetti su cui l'industria mangimistica dedica da tempo un'attenzione particolare – dichiara Allodi –. Al benessere i mangimisti rispondono per la parte di loro competenza, con un'attività di ricerca che ha permesso di offrire agli animali un'alimentazione bilanciata in grado di "soddisfare" appieno le esigenze degli animali in ciascuna specifica fase produttiva, nella convinzione che solo da animali sani e ben alimentati è possibile ottenere prodotti di alta qualità. Per fare conoscere cosa fa il nostro settore, siamo impegnati ormai da quasi dieci anni, in una continua attività di comunicazione attraverso il circuito Mangimi & Alimenti, che con una rivista di settore, un sito internet di approfondimento e newsletter settimanali offre una finestra di aggiornamento costante sull'attività del settore. Importantissimo, anche il tema della sostenibilità che vede l'industria mangimistica una vera e propria pioniera. Si pensi solo all'importantissimo ruolo che la produzione di mangimi ha nella prevenzione degli sprechi alimentari: impieghiamo circa 600 mila tonnellate all'anno di materie prime che derivano dalle industrie della pasta, dei dolci, dello zucchero, della distilleria, solo per citare le principali, alle quali si aggiungono oltre 3 milioni di tonnellate all'anno di sottoprodotti della macinazione del frumento (crusche) e oltre 4 milioni di tonnellate di farine di semi oleosi che risultano dalla produzione dell'olio”.
"Le prospettive del comparto? Il prossimo anno dovrebbe riservarci qualche soddisfazione, in un quadro comunque complesso e nel quale rimangono importanti nodi strutturali da affrontare e sciogliere – spiega Enrico Cerri, presidente della ProSus di Vescovato (una delle più importanti realtà della macellazione di suini in Italia) e componente del direttivo di Assica - Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi –. Da una parte, il forte aumento delle importazioni dai Paesi emergenti – Cina in testa, con il suo più 130 per cento nei primi sei mesi dell'anno – ha svuotato i magazzini del vecchio continente, allentando la pressione sui nostri mercati dei sistemi produttivi del nord Europa. Dall'altra, le difficoltà del comparto hanno determinato la chiusura di molti allevamenti, riducendo la disponibilità di materia prima e finendo così per sostenere in misura significativa i prezzi dei tagli destinati ai prodotti tipici. Può aiutare nel breve periodo, ma ovviamente non basta. Perché le aziende non devono chiudere, hanno bisogno di liquidità per investire, ammodernarsi, ridurre i costi di produzione e tenere il passo dei tempi e dei mercati".
In questa prospettiva, è allora fondamentale essere messi nelle condizioni di puntare con sempre maggior decisione proprio sui più dinamici mercati d'oltreconfine. In tal senso la recente apertura della Cina alle esportazioni di carni suine, grassi e frattaglie, apre prospettive favorevoli. Precisa Cerri: “Il via libera del Governo cinese costituisce un passaggio fondamentale, ma ora dobbiamo affrontare un complesso iter burocratico per arrivare all'autorizzazione effettiva: faremo di tutto per fare in modo che ciò avvenga nel minor tempo possibile. Spero e auspico che l'attesa sia più rapida rispetto a quella vissuta per la finalizzazione dell'export negli Stati Uniti: dalla stipula dell'accordo era trascorso oltre un anno prima del concreto disco verde alle esportazioni”. La Cina rappresenta il principale mercato di destinazione delle esportazioni europee del comparto suinicolo: “Secondo le stime più credibili il fatturato dell'export italiano in Cina dovrebbe da subito essere superiore ai 50 milioni di euro – sottolinea Cerri –. Al di là del volume, quel che più conta è che con i prodotti esportati direttamente in Cina realizzeremmo una marginalità doppia”.
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Una piccola borsa termica o una gavetta, per portare in ufficio il pranzo da casa, almeno qualche volta. La tendenza riguarda il 40% dei connazionali secondo quanto rileva la prima indagine sui 'Cambiamenti delle abitudini alimentari degli italiani' presentata dal presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo e dal presidente di Ixè Roberto Weber all’apertura del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio.
A condizionare i cambiamenti nel pranzo sono i ritmi di lavoro con pause troppo brevi per consentire il rientro a casa che spesso si trova anche lontano dall’ufficio o dall’azienda. L’11% degli italiani porta il pranzo da casa sul luogo di lavoro regolarmente, il 12% lo fa spesso e il 17% almeno qualche volta secondo Coldiretti/Ixè. Si porta dunque la 'gavetta' o la 'schiscetta' al lavoro per risparmiare, ma anche per essere sicuri della qualità del pranzo o semplicemente perché si preferisce ricordare sapori e profumi casalinghi.
Ma accanto a questa nuova abitudine alimentare se ne afferma anche un’altra legata alla convivialità, il rito dell’apericena, che coinvolge quasi sei italiani su 10 (59%). Nata dal mixage tra il rito dell’aperitivo e un pasto propriamente detto, di solito la cena – spiega la Coldiretti -, la cosiddetta apericena si è affermata in pochissimo tempo come un momento di aggregazione con connotati innovativi che riguardano soprattutto i giovani e contrassegna spesso i weekend.
A fare da apripista - precisa Coldiretti - sono stati alcuni contesti del Nord dove l’aperitivo è un antico rito sociale ma la nuova formula si è andata diffondendo un po’ ovunque nel territorio nazionale, dallo Spritz del Veneto fino al centro di Milano o nella stessa Capitale l’aperitivo e diventato un momento in cui conversare, mangiare e bere qualche cosa e rallentare in modo anche netto rispetto alla concitazione della quotidianità.
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Trecento anni e non sentirli: il Chianti Classico celebra il 300esimo anniversario dal bando di Cosimo II de’ Medici che per primo ne individuò i confini, ma si dimostra più dinamico che mai. Si conferma il trend in crescita degli ultimi cinque anni, che hanno fatto segnare un +35% nelle vendite a livello globale.
Un risultato raggiunto grazie a un processo di profondo rinnovamento avviato nell’anno più buio della crisi economica e finalizzato a riposizionare il Gallo Nero sui mercati globali, mantenendo il primato della denominazione. Un percorso fatto di scelte coraggiose, a partire dall’introduzione della Gran Selezione, che non hanno tardato a dare frutti, in termini di qualità e competitività.
“Siamo molto soddisfatti dell’andamento del mercato – afferma Sergio Zingarelli, Presidente del Consorzio – un risultato che premia il lungo lavoro di rilancio della denominazione svolto negli ultimi anni e culminato con l’introduzione della Gran Selezione, la nuova tipologia di Chianti Classico sul mercato da due anni. La Gran Selezione è nata dall’esigenza di valorizzare le punte qualitative del Chianti Classico e oggi rappresenta circa il 4% delle vendite dei vini del Gallo Nero. Un grande vino che ha qualificato ulteriormente la nostra denominazione e che ha già riscosso successi di critica e che in breve tempo si è posizionato nella sfera delle eccellenze enologiche mondiali”.
Cresce e prende vie inaspettate anche l’apprezzamento del pubblico: sono oltre 100 i mercati del mondo che hanno visto arrivare almeno una fornitura di Chianti Classico nell’ultimo anno, dalle Antille Olandesi al Belize, fino a Uganda e Zimbabwe. Per quel che riguarda i suoi mercati tradizionali, gli Stati Uniti si confermano al primo posto, assorbendo circa il 31% delle vendite totali, seguiti dall’Italia al 20%, dalla Germania con il 12%, dal Canada con il 10%, da Regno Unito con il 5%, dai Paesi Scandinavi, Svizzera e Giappone al 4%, da Benelux, Cina e Hong Kong al 3%, e infine dalla Russia con l’1%.
A oltre 90 anni dalla sua costituzione, il Consorzio Vino Chianti Classico, il primo consorzio di produttori vitivinicoli nato in Italia, conta 580 soci. E numeri da “grande impresa”: con un fatturato globale stimabile in più di 700 milioni di euro e un valore della produzione vinicola imbottigliata di circa 400 milioni di euro, il Chianti Classico rappresenta un vero e proprio “distretto produttivo”, oltre che un’eccellenza riconosciuta nel mondo.
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I consumatori riconoscono l’importanza di consumare prodotti ittici catturati con metodi di pesca sostenibili. Lo rivela un sondaggio sul consumo di pesce commissionato da Greenpeace. Ben il 77 per cento degli intervistati italiani ha dichiarato di essere disposto a pagare di più il pesce pur di avere garanzie sulla sua sostenibilità e il 91 per cento è pronto a modificare le proprie abitudini alimentari per ridurre lo sfruttamento eccessivo delle risorse ittiche e tutelare il mare.
“Il sondaggio evidenzia che, se correttamente informati e sensibilizzati sull’importanza di acquistare pesce in modo responsabile, i consumatori possono spostare il mercato verso forme più sostenibili di consumo”, dichiara Serena Maso, Campagna Mare di Greenpeace Italia. “Considerato lo stato drammatico in cui versa il Mediterraneo, per invertire la rotta è necessario dare maggior valore a una risorsa preziosa come il pesce, ridurne il consumo e essere più attenti e responsabili quando si va a fare la spesa”.
Il sondaggio, condotto per Greenpeace dall’Istituto Ixè, su un campione di oltre 1.000 intervistati per ciascun Paese oggetto dell’indagine (Italia, Spagna, Grecia), ha avuto come obiettivo l’analisi delle abitudini, il grado di conoscenza e la sensibilità dei consumatori rispetto all’acquisto di pesce, sia in casa che al ristorante. L’analisi rivela che quasi la metà degli intervistati italiani mangia pesce almeno una volta alla settimana e lo acquista prevalentemente nei supermercati.
Molte le contraddizioni nel comportamento dei consumatori di Italia, Spagna e Grecia. Pur ritenendo importante informarsi sulla qualità e la provenienza del pesce, solo il 28 per cento dei consumatori è al corrente dell’esistenza della nuova normativa sull’etichettatura del pesce fresco mentre solo l’11 per cento sa che è obbligatorio indicare in etichetta anche la categoria degli attrezzi da pesca utilizzati: un’informazione fondamentale, che consente ai consumatori di poter scegliere il pesce pescato con attrezzi artigianali e che hanno un basso impatto sull’ambiente. Per questo motivo Greenpeace ha lanciato un nuovo sito per aiutare i consumatori a comprare pesce in modo responsabile: fishfinder.greenpeace.it
Il sondaggio inoltre rivela che nonostante vi sia un’ampia varietà di specie ittiche commerciali, consumiamo solo poche varietà, spesso fortemente in declino a causa di una pesca eccessiva e distruttiva, come tonno, merluzzo, acciughe e pesce spada.
“È evidente che le scelte dei consumatori dei prodotti della Pesca sono influenzate dall’attuale distorsione del mercato, invaso da prodotti ittici provenienti per lo più dalla pesca industriale e non sostenibile. Questo dimostra quanto sia importante informare adeguatamente i consumatori e dar loro tutti gli strumenti per fare scelte responsabili”, continua Maso. “È ora che i rivenditori, dalla grande distribuzione alle piccole pescherie di quartiere, soddisfino le richieste dei consumatori e promuovano, come fanno per tanti altri prodotti alimentari e non, le filiere sostenibili anche per il pesce, valorizzando la pesca artigianale e sensibilizzando i consumatori”
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