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Milano non è che sentisse proprio la mancanza di un nuovo ristorante, dalla paninoteca stile anni ’80 al locale etnico c’è già tutto, per non parlare del firmamento di chef stellati con le loro proposte culinarie spesso incomprensibili ai più. Invece quando è apparso nel panorama cittadino qualcosa di autentico, semplice da degustare, con una tradizione forte alle spalle, Milano ha apprezzato e accolto nel migliore dei modi il nuovo nato, ed è stato subito successo. Così ecco Paellami e il suo chef Ricardo Traver Bonillo, valenciano doc, determinato a creare un angolo di Spagna all’ombra della Madonnina, Non c’è da confondersi nel suo locale, le cose che “bollono in pentola” sono tipicamente valenciane; nessuna influenza a rendere ibrido il cibo, pochi piatti autoctoni e preparati magistralmente. Cinque tipi di paella (carne, pesce, verdura) di cui una, la fideuà a base di pasta del formato da cui prende il nome, poco nota in Italia ma vecchia conoscenza di chi ha avuto la fortuna di frequentare la comunità valenciana e poi tapas, sangria bianca o rossa e una leccornia alla quale non si resiste: la vera crema catalana, quella fatta in casa, non con le polverine delle “scatole di montaggio” presenti sugli scaffali dei supermercati. Ricardo è a Milano da diversi anni, ma il suo aspetto e soprattutto il suo accento tradiscono le origini. La cucina per lui è tradizione appresa dalla mamma e prima ancora dalla nonna; è convivialità, nel suo servire personalmente i 25 tavoli del ristorante e cucinando a vista dei commensali come spesso accade a casa. Cuoce le sue paelle nelle classiche padelle nere e basse su fornelli che hanno come sfondo uno splendido paraspruzzi fatto di piastrelle valenciane a mosaico e racconta come nel prossimo futuro vorrebbe introdurre nel menù del ristorante un classico della sua terra: il riso al forno. Se a Milano giovedì uguale gnocchi, a Valencia è questo il piatto tipico, preparato in casa e poi portato a cuocere nelle panetterie. Non c’è solo cibo da Paellami ma anche tradizione, conoscenza di una terra vicina, tinte forti e sapori da scoprire. Tra le mura di Ricardo non si fa il giro del mondo ma si assapora uno spaccato di grande gastronomia ben definita che non può lasciare indifferenti. Lui racconta che nella sua regione la paella è il piatto della domenica, a causa della lunga preparazione che richiede, ma per noi è disponibile tutti i giorni ad esclusione del lunedì, giorno di chiusura del ristorante. Si può consumare in loco o può essere portata a casa, l’importante è prenotare perché il locale ha posti limitati ed è preso d’assalto a pranzo e cena. Ma non vi preoccupate! Ricardo, uomo dalle mille risorse, a volte riesce persino a farsi prestare tavoli dalla vicina pizzeria per non scontentare nessuno e negare il piacere dei suoi piatti. Recentemente sono arrivati anche i vini spagnoli e l’Orujo, un liquore chiudi pasto a base di mandarino. Paellami si trova non lontano dalla stazione Centrale, una location quasi evocativa di un viaggio intrapreso dall’uomo fiero delle sue origini e del suo cibo.
Paola Drera
www.paellami.it
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La cultura gastronomica della California è protagonista ad EXPO 2015 fino al 26 luglio. Visit California, in collaborazione con Brand USA, dà la possibilità ai visitatori di lasciarsi ispirare dai profumi e dai sapori della California e di assaggiare specialità preparate con ingredienti freschi e di qualità.
Oltre 400 varietà di prodotti agricoli coltivati, circa la metà dell’intera produzione statunitense di frutta e verdura e il 90% di tutto il vino prodotto nel paese: questo il biglietto da visita della California a Expo. La California rappresenta un modello di eccellenza per innovazione tecnologica e sostenibilità nel settore agricolo, è una stato che ha saputo sfruttare la ricchezza e l’abbondanza della sua terra grazie al forte spirito imprenditoriale e alla grande capacità di innovazione di agricoltori, allevatori, chef e produttori di vino, che lavorano senza sosta 365 giorni all’anno.
“Siamo molto emozionati di partecipare a questo straordinario evento sull’alimentazione”, ha affermato Caroline Beteta, presidente e CEO di Visit California. “L’EXPO di Milano è una vera e propria piattaforma universale, un’ottima opportunità per far conoscere al livello internazionale i concetti su cui si basa la cultura enogastronomica californiana e per diffondere il messaggio che in California i prodotti sono sempre freschi e di stagione!”
Visit California sarà sotto i riflettori del Padiglione USA con la sponsorizzazione del Food Truck Nation e promuovendo il brand California con gustose proposte di piatti tipici del Golden State come l’hamburger con l’avocado ed il tacos di pesce. L’area del Food Truck Nation è aperta a tutti i visitatori e serve street food proveniente dalle diverse regioni americane per circa 5.000 visitatori al giorno, con particolare attenzione al cibo biologico ed eco-sostenibile.
“Direttamente dagli Stati Uniti ad Expo, il Food Truck Nation fa assaporare una tendenza culinaria molto diffusa in America. La nostra collaborazione con Brand Usa e i diversi stati americani, tra cui la California, ci dà la possibilità di far conoscere al pubblico la diversità dei sapori regionali americani, una varietà che non sempre viene associata alla cucina americana”, ha dichiarato Mitchell David, Chief Creative Officer del padiglione USA. “ La California è uno degli stati americani con la più ricca ed articolata tradizione culinaria del paese. Per questo motivo siamo onorati di ospitare un assaggio di California al nostro Food Truck Nation”.
“Ci auguriamo che la partecipazione di Visit California ad EXPO Milano 2015 sia fonte di ispirazione per i viaggiatori di tutto il mondo”, ha aggiunto Caroline Beteta. “La California offre alcuni dei cibi più freschi e innovativi del pianeta, una tappa obbligata per tutti gli amanti della buona cucina ed i sostenitori della produzione a chilometro zero”.
www.VisitCalifornia.it
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Sono i discount alimentari a fare registrare il maggior tasso di crescita tra tutte le forme distributive con un incremento record delle vendite del 2,2 per cento ad aprile rispetto allo scorso anno mentre il tonfo più grosso lo fanno registrare gli ipermercati in calo nell’alimentare dell’1,6 per cento. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti relativa al commercio al dettaglio nel mese di aprile che evidenzia su base annua una flessione dello 0,8 per cento per gli alimentari. A fare le spese sono peraltro - sottolinea la Coldiretti - tutte le forme distributive con cali tendenziali che vanno dall’1,2 per cento per i piccoli negozi alimentari allo 0,9 i supermercati. I discount alimentari sono l’unica forma commerciale che ha continuato a crescere anche negli anni della crisi mentre il calo delle vendite nella grande distribuzione va attribuito ad una politica commerciale aggressiva con sconti, promozioni e vendite sottocosto. Il problema - spiega la Coldiretti - è che spesso dietro gli alimenti a basso costo si nascondono ricette modificate, l’uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi sui quali è importante garantire maggiore trasparenza. Per i prodotti alimentari infatti - conclude la Coldiretti - oltre un certo limite non è opportuno andare se non si vuole mettere a rischio la salute.
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Tanti i segreti per una grigliata perfetta, ma aspetto più importante è cosa si mette sulla griglia.
La carne, elemento principale, deve essere ottima, perchè non si deve mai rinunciare a materie prime di qualità.
Con sicurezza si può quindi scegliere le Nürnberger Rostbratwürste g.g.A. ovvero le Salsicce di Norimberga Igp.
Piccole, sottili e croccanti, da cuocere sulla griglia e servite calde, non si smetterebbe mai di mangiarle. Un piatto facile da cucinare ma con un’antica storia alle spalle.
La tradizione delle salsicce a Norimberga è infatti documentata a partire dal 1462. Nel 16mo secolo in tutte le macellerie della città la carne di maiale veniva macinata a grana mediamente fine e aromatizzata, insaccata in budelli aderenti di ovino e servita ben arrostita. Mentre nel resto del Paese venivano messe sulle tavole delle salsicce di dimensioni più grosse, i Norimberghesi, preferivano gustare questa specialità in forma più piccola e più sottile (lunghezza dai 7 ai 9 cm per 20 25 grammi). A causa di un crollo dei prezzi nella seconda metà del 16mo secolo, i macellai di Norimberga non potevano più permettersi di produrre salsicce di alta qualità. Pertanto, invece di abbassare i livelli qualitativi, i macellai decisero di ridurre ulteriormente le dimensioni. In questo modo non solo crearono una specialità inconfondibile, ma ottennero pure un aumento sensibile dei prezzi al kg, scongiurando in questo modo la crisi.
Inizia così la lunga e gloriosa storia delle Salsicce di Norimberga Igp, coronata nel 2003 quando la Commissione Europea ha attribuito a questa mini-specialità il marchio IGP, per la prima volta attribuito a una salsiccia.
E insieme alle salsicce immancabile la Carne di Manzo bavarese igp, anch’essa prodotta seguendo scrupolosamente un rigido disciplinare, che dà indicazioni a partire dall’allevamento, i bovini pascolano sugli alpeggi, nutrendosi di erba fresca, al trasporto, dalla macellazione, alla frollatura.
E una grigliata di questa qualità non può che essere accompagnata da una birra altrettanto prestigiosa come quella bavarese.
Il sapore inimitabile di questa birra Igp si fonde con la sua storia e con le sue radici. Da circa 500 anni il noto Reinheitsgebot (decreto di purezza) ne garantisce infatti la qualità e il rispetto degli ingredienti.
Acqua, malto, luppolo, lievito: questo il semplice segreto che ne fa una bevanda beverina e molto richiesta.
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La fine del divieto di detenzione e utilizzo di latte in polvere, latte concentrato e latte ricostituito per la fabbricazione di prodotti lattiero caseari previsto storicamente dalla legge nazionale. In pratica l'Unione Europea vuole imporre all'Italia di produrre “formaggi senza latte” ottenuti con la polvere. Lo rende noto il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel denunciare i contenuti della lettera di costituzione in mora appena inviata dal Segretariato generale della Commissione Europea alla Rappresentanza permanente d’Italia presso l’Unione Europea sull’infrazione n.4170. “Siamo di fronte all’ultimo diktat di una Europa che tentenna su emergenze storiche come l’emigrazione, ma che è pronta ad assecondare le lobby che vogliono costringerci ad abbassare gli standard qualitativi dei nostri prodotti alimentari difesi da generazioni di produttori”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.
Dal 11 aprile del 1974 con la legge n. 138, l’Italia ha deciso - sottolinea la Coldiretti - di vietare l’utilizzo di polvere di latte per produrre formaggi, yogurt e latte alimentare ai caseifici situati sul territorio nazionale. Questa misura - precisa la Coldiretti - ha lo scopo di tenere alta la qualità delle produzioni casearie italiane salvaguardando le aspettative dei consumatori per quanto concerne l’autenticità e la qualità dei prodotti italiani mediante la qualità delle materie prime. Una scelta che ha garantito fino ad ora il primato della produzione lattiero casearia italiana che riscuote un apprezzamento crescente in tutto il mondo, dove le esportazioni di formaggi e latticini sono aumentate in quantità del 9,3 per cento nel primo trimestre del 2015.
La Commissione Ue con l'avvio della procedura di infrazione ritiene invece che la legge italiana a tutela della qualità della produzioni rappresenti una restrizione alla “libera circolazione delle merci”, essendo la polvere di latte e il latte concentrato prodotti utilizzati in tutta Europa. In altre parole - precisa la Coldiretti - impone un adeguamento al ribasso con una diffida che, se accolta, comporterà uno scadimento della qualità dei formaggi e degli yogurt italiani che metterà a repentaglio la “reputazione” del Made in Italy, ma anche una maggior importazione di polvere di latte e latte concentrato che arriverà da tutto il mondo a costi bassissimi, con conseguenze pesanti sulla tenuta degli allevamenti italiani.
Si tratta in realtà - continua la Coldiretti - solo dell’ultima trovata delle burocrazie dell'Unione Europea da dove sono arrivate incomprensibili decisioni sulla tavola che allontanano cittadini e imprese dall'Europa, dal vino senza uva al cioccolato senza cacao fino alla carne annacquata, ma sul mercato c’è anche il vino zuccherato e quello in polvere mentre circa la metà della spesa è anonima.
“Nell'Unione che si disinteressa e temporeggia sull’emergenza immigrati si consentono invece trucchi e inganni nel momento di fare la spesa con l’appiattimento verso il basso della qualità alimentare, anche a danno di Paesi come l’Italia che possono contare su primati qualitativi e di sicurezza alimentare", ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel denunciare "le alchimie negli ingredienti che hanno snaturato anche gli alimenti più comuni". Si spiega cosi - sottolinea la Coldiretti - la richiesta dell’Unione Europea di utilizzare la polvere di latte al posto del latte, nei formaggi, di aumentare la gradazione del vino attraverso l’aggiunta di zucchero nei Paesi del Nord Europa o di ottenerlo a partire da polveri miracolose contenute in wine-kit che promettono in pochi giorni di ottenere le etichette più prestigiose con la semplice aggiunta di acqua.
L’Unione Europea consente anche per alcune categorie di carne la possibilità - continua la Coldiretti - di non indicare l’aggiunta d’acqua fino al 5 per cento, ma per alcuni prodotti (wurstel, mortadella) tale indicazione può essere addirittura elusa e potrebbero essere esclusi dagli obblighi di indicazione della quantità d’acqua, mentre in tutta Europa circolano liberamente imitazioni low cost del Parmigiano reggiano e del Grana Padano, cosiddetti “similgrana”, realizzate fuori dall’Italia senza alcuna indicazione della provenienza e con nomi di fantasia che ingannano i consumatori sulla reale origine. Una mozzarella su quattro in vendita in Italia - precisa la Coldiretti - è stata ottenuta con semilavorati industriali, chiamati cagliate, che vengono dall’estero senza alcuna indicazione in etichetta per effetto della normativa europea.
Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, leggere le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” previste dalla normativa comunitaria per far conoscere la provenienza delle olive ai consumatori. Storica l’imposizione all’Italia dell’Unione di aprire i propri mercati anche al cioccolato ottenuto con l’aggiunta di grassi vegetali diversi dal burro di cacao.
Quasi la metà della spesa - continua la Coldiretti - è anonima per colpa della contraddittoria normativa comunitaria che obbliga a indicare la provenienza nelle etichette per la carne bovina ma non per i prosciutti, per l’ortofrutta fresca ma non per quella trasformata, per le uova ma non per i formaggi, per il miele ma non per il latte. Il risultato è che - conclude la Coldiretti - gli inganni del finto Made in Italy sugli scaffali riguardano due prosciutti su tre venduti come italiani, ma provenienti da maiali allevati all'estero, ma anche tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro che sono stranieri senza indicazione in etichetta come pure la metà delle mozzarelle.
www.coldiretti.it
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Cibo del futuro: la parola d’ordine è cambiamento. È sempre più diffusa la consapevolezza che nulla potrà restare uguale a oggi. E sarà la globalizzazione a permeare le future evoluzioni all’insegna di tre macro direttrici: tecnologia, ambiente, condizionamenti socio economici. È questo lo scenario emerso dall’indagine commissionata da Coop a Doxa e che ha coinvolto i consumatori di 8 Paesi (Italia, Germania, Uk, Usa, India, Brasile Russia e Cina). L’obiettivo capire in quale direzione si muoveranno scelte, bisogni, esigenze della domanda. Ma prima di proiettarsi negli anni avvenire, la ricerca scatta un’istantanea sulla realtà odierna.
Oggi le differenze sono veramente tante e iniziano fin dalla preparazione del pasto, a cui ci si dedica in media 1,3 ore al giorno, ma con valori nettamente più alti per Paesi come il Brasile, l’India e la Russia. Anche gli italiani non sono da meno e si distaccano in questo dai vicini europei. Situazione simile anche per il take away e i consumi fuori casa che nel Bel paese sono decisamente inferiori ai livelli dei Paesi anglosassoni. Tra le inclinazioni dei nostri connazionali si registra anche quella verso l’home made e questo attaccamento alla tradizione li accomuna a cinesi e indiani. A rendere ancora sensibili le peculiarità sono spesso i diversi credo religiosi, tanto che il 21% del campione ammette di venire condizionato dalla religione: ed è qui che il credo vegetariano o vegano affonda le sue radici tanto da professarsi tale il 35% del campione. Eppure si comincia già fin da ora ad intravedere qualche similitudine tra le diverse culture gastronomiche. Emergono infatti, anche stili alimentari alternativi e in qualche modo transazionali, come i Foodies (cibo tipico e di qualità), la dieta ipocalorica (10%), il credo salutista (10%), quello vegano (8%) o quello biologico (8%). Non basta: anche la contaminazione di stili comincia ad affermarsi: se è vero che appena il 22% del campione (quindi una minima parte) dichiara di non mangiare mai cibo etnico e quasi un quarto afferma invece di consumarlo spesso. Il 90% di tedeschi e inglesi dichiara infatti di mangiare etnico spesso o qualche volta, i più diffidenti sono i brasiliani e gli italiani.
I consumatori intervistati non prevedono una riduzione delle quantità consumate (solo in Uk e Germania si pronostica una riduzione nella frequenza di consumo di carne) mentre la dieta sembra spostarsi su una maggiore varietà con maggior ricorso a carboidrati, frutta e verdura. Il cibo di domani sarà quindi manipolato dalla tecnologia, certamente pratico e veloce, nutrizionalmente bilanciato e si rafforzeranno stili alimentari globali. In questo i consumatori dimostrano una inaspettata disponibilità al cambiamento: l’80% degli intervistati non ha preclusione per cibarsi di alghe e il 75% accetta il cibo prodotto in laboratorio. Più della metà del campione inoltre si dichiara disponibile a mangiare la carne sintetica e gli insetti: i più eclettici e inclini al cambiamento sono gli indiani, i cinesi e i brasiliani, ma anche un 70% di italiani potrebbe provare il cibo in pillole e il 44% dei nostri connazionali non si tirerebbe indietro di fronte a un insetto. Ma questa accettazione dell’high tech e delle novità implica una rinuncia alla naturalità? assolutamente no. Il 42% del campione, infatti, confessa la sua predilezione per i temi della freschezza e della naturalità e si aspetta di trovare tra le corsie piccole serre e allevamenti, il 37% vorrebbe conoscere la storia del prodotto, il 30% lo vorrebbe a sua immagine e somiglianza. E per il 16% la presenza di un robot come assistente per la spesa non guasterebbe.
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Nascosto tra i cortili, circondato dalle case di ringhiera della Milano che serenamente convive con il progresso. E' qui che, dallo scorso aprile ha aperto i battenti Al Cortile, Bio Temporary Restaurant allestito durante i sei mesi di Expo negli spazi di Food Genius Academy, centro di formazione professionale che propone corsi professionali di Alta Cucina Italiana, Pasticceria e Management di Sala e Cantina. Per imparare sul campo a percorso di studi concluso, entrando a far parte di una vera brigata di cucina. Ci troviamo in via Giovenale 7, in un angolo celato tra vecchie case di ringhiera, un'oasi verde di pace e tranquillità nella quale lasciarsi coccolare un silenzio quasi inconsueto ed inatteso per una città in costante movimento.
Ideato dalla direttrice della scuola di Alta Cucina Desirèe Nardone è stato pensato come prolungamento dell'attività didattica; sono infatti i migliori allievi dei corsi ad occuparsi dell'accoglienza, del servizio in sala e della preparazione di alcune portate, affiancati in alcune speciali serate da chef di fama nazionale ed internazionale. Un folto calendario di eventi ed appuntamenti, quello di Al Cortile, distribuiti lungo i sei mesi di Expo e suddivisi in eventi a cadenza periodica, come gli aperitivi con tapas e cocktails e serate esclusive, per conoscere di volta in volta l'estro culinario di chef sempre diversi. Come Federico Zanasi dell'hotel Principe delle Nevi di Aosta, modenese classe '1975 forte di esperienze stellate come Amerigo 1934 e la Madonnina del Pescatore e all'estero, dagli Stati Uniti alla Spagna. Ospite di Al Cortile per una sera, per 'raccontarsi' con i suoi piatti contemporanei ed una cucina versatile, creativa e ben definita.
Valore aggiunto di Al Cortile, e la serata dedicata a Zanasi ne è stata la concreta dimostrazione, è la possibilità di degustare, abbinandoli anche ai piatti, speciali cocktail, curati da Franco 'Tucci' Ponti, barman consulente del temporary restaurant con alle spalle diversificate esperienze tra Parigi, Londra, New York e Los Angeles. O, in alternativa, birre artigianali e speciali vini di aziende selezionate da tutta Italia. Mercoledì 24 giugno protagonista della serata è stato invece lo chef Marcello Trentini con la sua personale e sorprendente cucina, una 'rivoluzione' gastronomica in dodici portate e due cocktails.
Il calendario di eventi 'paralleli' ad Expo 2015 del Bio Temporary Restaurant meneghino è particolarmente ricco: ogni venerdi verrà ospitato uno chef stellato italiano, il sabato sarà dedicato agli chef docenti della scuola Food Genius Academy mentre il sabato la brigata di cucina delizierà i presenti con uno speciale brunch. Ed oltre agli aperitivi tapas & cocktails proposti con regolarità, un giovedì al mese verrà ospitato uno chef internazionale.
Un'esperienza diversa dal solito per vivere l'alta cucina tra i cortili della Milano che fù: da provare.
Daniele Orlandi
Bio Temporary Restaurant
via Giovenale 7, Milano
Per informazioni:
http://www.alcortile.com/
www.foodgeniusacademy.com/
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Arrivato da Napoli con la sua squadra al completo, lo Chef Monzù Erny Lombardo ha presentato qualche giorno fa uno scampolo del suo repertorio gastronomico che si basa sulle antiche ricette partenopee come le interpretavano i grandi cuochi francesi che i Borbone avevano convocato per la loro corte, nonché sull’uso sistematico delle pentole di ghisa. Non a caso la sua ultima opera, edita da Trenta Editore, porta il titolo ‘Uno scugnizzo ai fornelli. Cuocere nelle pentole in ghisa’.
Interessante e saporita circostanza che ha avuto luogo in un angolo un pò nascosto della Basilica di Sant’Ambrogio (l’Oratorio della Passione in Piazza Sant’Ambrogio 23, edificio risalente al XV secolo con affreschi di Bernardino Luini e della sua scuola) , all’interno di un piccolo chiostro, dove ha trovato posto il Milano Wine Garden, grazie anche alla apertura dell’abate, mons, Erminio De Scalzi, il Milano Wine Garden, un rilassante locale che ha come impegno quello di portare la cultura del vino nei medesimi luoghi dove trovavano poste le vigne qualche secolo fa. E, in effetti, seppur piccola ma una vigna è stata piantata e sta crescendo proprio al centro del chiostro.
Il Milano Wine Garden sorge quindi nella vera Vecchia Milano, la Milano del vino, un’area che dal Rinascimento agli inizi del Novecento ha visto la vigna crescere all’interno dei giardini dei palazzi. Molte le testimonianze che descrivono il capoluogo lombardo come una città attiva per la produzione di vino e Milano Wine Garden si pone l’obiettivo di far rivivere l’alto valore simbolico della vigna, ripercorrendo le antiche tradizioni contadine e il profondo significato che, da sempre, ruota attorno alla vite a e ai suoi frutti.
Anche se oggi può sembrare strano, ma questa zona di Milano, Porta Vercellina, era un tempo ricca di vigneti e a un tiro di schioppo, sull’attuale corso Magenta in direzione San Vittore, si trovava la celebre ‘vigna di Leonardo’, donata al grande artista da Lodovico il Moro.
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Il prezzo del pane è fortemente variabile lungo lo stivale con valori che raddoppiano tra Napoli, dove costa 1,90 euro al chilo, e Bologna dove si spende 3,98 euro al chilo, mostrando una incredibile variabilità tra le diverse città con valori che variano tra i 3,57 euro al chilo a Milano, 2,67 a Torino, 2,72 euro al chilo a Palermo, 2,50 a Roma e 2,81 a Bari. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Osservatorio prezzi relativi ad aprile 2015 all' Expo dove al Padiglione Coldiretti, dove è stata allestita la più ampia rassegna delle specialità tradizionali delle diverse regioni, dal Pane di Cerchiara della Calabria al pane di Lariano del Lazio fino al Miccone della Lombardia.
La forte variabilità è una evidente dimostrazione - sottolinea la Coldiretti – che l'andamento del prezzo del pane dipende solo marginalmente dal costo del grano che è fissato a livello internazionale al Chicago Board of Trade e non mostra quindi differenze tra le diverse città. Peraltro - denuncia la Coldiretti - negli anni della crisi è crollato del 27 per cento il prezzo del grano riconosciuto agli agricoltori, ma quello del pane ha continuato ad aumentare con un incremento del 6 per cento dal 2007.
Oggi un chilo di grano tenero è venduto a circa 21 centesimi mentre un chilo di pane è acquistato dai cittadini a valori variabili attorno ai 2,75 euro al chilo, con un rincaro di tredici volte, tenuto conto che per fare un chilo di pane occorre circa un chilo di grano, dal quale si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua per ottenere un chilo di prodotto finito.
“C’è sicuramente un margine da recuperare per garantire un giusto compenso agli agricoltori, senza pesare sui cittadini che sono costretti a ridurre gli acquisti, ed evitare la scomparsa delle coltivazioni di grano Made in Italy”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “soprattutto con la diffusione del pane confezionato servono interventi per garantire una maggiore trasparenza di filiera a partire dall’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano impiegato ed evitare che venga spacciato come italiano quello importato da Turchia, Kazakistan o altri Paesi”. Tra l’altro - conclude la Coldiretti - le importazioni di grano tenero sono aumentate del 17 per cento nel 2014 rispetto all’anno precedente ed oggi coprono più della metà del fabbisogno italiano.
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Il 2014 segna un record storico nella produzione di forme di Gorgonzola Dop dal 1976, anno in cui è partito il monitoraggio dei dati riferiti al numero di forme marchiate. Nell'anno in esame, infatti, le forme prodotte hanno raggiunto quota 4.443.538 forme.
E' quanto emerge dall'Assemblea Annuale dei soci tenutasi il 15 giugno nel padiglione CIBUS è Italia ad Expo.
I produzione ed esportazione sono stati presentati dal Presidente del Consorzio, Renato Invernizzi. La produzione del 2014 ha fatto registrare un +6,4% con ben 267.928 forme in più rispetto al 2013.
La produzione analizzata per tipologie ha visto quella ottenuta con latte proveniente da agricoltura biologica perdere ulteriormente interesse, solo lo 0,51% del totale prodotto, pari a circa 22 mila forme. In lieve, ma costante crescita, invece, la tipologia piccante che rispetto al 2013 è aumentata di circa 50 mila forme arrivando a coprire il 10% circa del totale prodotto.
Le uniche due regioni italiane che producono Gorgonzola Dop, ovvero Piemonte e Lombardia, fanno segnare uno scostamento sempre maggiore verso la produzione piemontese pari oggi al 68,5% del totale, con la Lombardia scesa al 31,5%.
Per quanto riguarda i consumi, l’anno 2014 si chiude per il Gorgonzola con un aumento dei volumi del 4,3% guidato da un incremento dell'acquisto medio di 200 grammi per famiglia. Questo dato è ancora più positivo se si tiene conto che il 2014 ha fatto registrare un andamento su scala nazionale molto negativo per l'intero comparto formaggi (-5,7%) per un totale di 659 milioni di kg in meno venduti pari a quasi 7 milioni di euro persi dal comparto (*).
Riguardo alle aree di consumo il calo registrato al sud, contrariamente al 2013, per l’intero comparto formaggi, si conferma anche per il Gorgonzola che scende di 4 punti percentuale, mentre aumenta sensibilmente in area 1 e 2 (tutto il nord). Il canale di maggior acquisto risulta essere sempre il supermercato dove viene venduto quasi il 50% del Gorgonzola; rimangono stabili iper, discount, ambulanti e negozi specializzati che distribuiscono il rimanente. Prosegue invece il calo della vendita del prodotto a peso variabile al banco (42,7%) rispetto al peso variabile take-away (41%), dato ancora più pesante se si considera che solo 10 anni fa, la vendita assistita era pari al 75% contro il 20% del take-away!
I dati del 2014 rivelano che le aziende italiane scommettono sempre più sull’export; la continua crescita anche nel 2014 ha fatto segnare un +2,66 pari a 1.650 tons di Gorgonzola nel mondo, dato più alto mai registrato che conferma il posizionamento del gorgonzola al terzo posto tra i formaggi Dop italiani. Sempre in costante crescita il consumo nell’Unione Europea con la Germania che guida ancora i paesi importatori con un +12%; rimangono ancora problemi negli Stati Uniti che perdono ulteriore terreno (-13%), mentre i paesi Asiatici fanno risultare, seppur lievemente rispetto al 2013, un aumento nei consumi, in particolare Giappone e Corea del sud, mentre in Cina i consumi scendono a meno di 200 quintali. Incoraggianti sono i primi segnali di export mondiali dei primi mesi del 2015, che indicano ancora un aumento di oltre il 14,4% (elaborazione Clal su fonte Istat).
In occasione dell’assemblea annuale è stata presentata anche l'applicazione per smartphone dedicata al Gorgonzola Dop. Completamente gratuita, l'app "Gorgonzola" è pensata per interagire in maniera sempre nuova e originale con gli amanti di questo prelibato formaggio sempre a caccia del miglior gorgonzola.
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Non solo produttori di cibo, ma anche custodi delle tradizioni e protettori dell’ambiente. È così che l’85% degli italiani vede gli agricoltori, autentici angeli dell’alimentazione sana, da cui acquistare, magari, prodotti biologici a chilometro zero. A fare da contraltare, infatti, è un vecchio spauracchio del nostro Paese: gli ogm, che il 73% della nazione vorrebbe tenere fuori dall’agricoltura nazionale. Sono i risultati che emergono dal quinto rapporto “Gli italiani e l’agricoltura”, presentato al padiglione di Coldiretti dell’Expo 2015 nel corso del convegno “L’agricoltura che sconfigge la crisi. La sfida della multifunzionalità dal 18 maggio 2001” organizzato dalla Fondazione UniVerde e da Coldiretti.
L’indagine è stata svolta su mille cittadini italiani disaggregati per sesso, età e area di residenza, che hanno risposto ad un questionario sul tema dell’agricoltura. I risultati, ha spiegato Antonio Noto, direttore dell’Istituto Ipr Marketing, dimostrerebbero come per gli italiani ci sia poca attenzione per l’agricoltura nel nostro Paese e che la condizione dei coltivatori negli ultimi anni sia peggiorata, soprattutto a livello economico. Per l’86% degli intervistati dovrebbero quindi ricevere un incentivo economico per la loro attività a servizio dell’intera collettività.
L’85% del campione ritiene, infatti, che gli agricoltori svolgono un ruolo importante nella protezione dell’ambiente, perché manterrebbero in vita una tradizione che altrimenti rischierebbe di estinguersi, e proteggerebbero il territorio contro il dissesto idrogeologico. Altrettanto importante ovviamente è anche il fatto che producano alimenti genuini, che il 43% del campione preferisce a frutta e verdura d’importazione e, quando possibile, acquista direttamente in fattoria. L’attenzione verso i prodotti agricoli freschi non si ferma inoltre al momento della spesa, ma si conferma anche nella scelta del ristorante: il 90% infatti apprezza che nel menù siano indicati prodotti di stagione e a chilometro zero.
A uscire sconfitti ancora una volta sono invece gli ogm, a cui si è detto contrario il 73% degli intervistati. Il 90% inoltre vorrebbe delle etichette che indicassero chiaramente prodotti ogm free, non solo in campo alimentare, ma anche per i cosmetici, che il 44%gradisce di più se contenenti prodotti naturali o provenienti da agricoltura biologica. È bene ricordare però che attualmente non esistono prove scientifiche a sostegno di molte affermazioni negative che si sentono fare sugli ogm: che facciano per esempio male alla salute, che causino più spesso allergie, o che siano necessariamente lo strumento di un’agricoltura meno sostenibile (così come esistono molti falsi miti su cosa voglia dire genuino se riferito al cibo che mangiamo).
Molto positiva infine è risultata l’opinione sull’agricoltura multifunzionale, cioè forme di produzione agricola che realizzano anche attività collaterali utili alla società. Tra le iniziative più apprezzate sono emersi l’agriturismo, i farmer’s market, le fattorie didattiche, gli agri ospizi per anziani e gli agri asili, a cui l’82%degli intervistati si è detto pronto a iscrivere il proprio figlio.
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Con gli ultimi riconoscimenti salgono a 48 i formaggi a denominazione di origine protetta (Dop) tutelati dall’Unione Europea con l’Italia che sorpassa la Francia ferma a 45 e diventa leader europeo e mondiale nella produzione casearia di qualità. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti in occasione della Giornata ufficiale del latte promossa da Expo 2015 e dal Ministero delle Politiche Agricole. La sfida tra Italia e Francia nella produzione di formaggi ha radici lontane e se Charles De Gaulle si chiedeva come governare la Francia che ha più formaggi che giorni nel calendario, la situazione non gli sarebbe parsa certamente più facile in ltalia che di formaggi tradizionali censiti dalle Regioni ne ha ben 487 che si aggiungono - sottolinea la Coldiretti - a quelli denominazione di origine protetta (Dop) ai quali è destinato circa la metà del latte consegnato dagli allevamenti italiani (45,5 per cento per circa 50 milioni di quintali).
Il vantaggio tricolore sulla Francia è ancora più eclatante se si considerano le quantità, con la produzione di formaggi a denominazione di origine italiano che è vicina a 500 milioni di chili, praticamente il doppio di quella realizzata dai cugini d’oltralpe. E lo schiaffo brucia ancora di più se si considera che le esportazioni di formaggi italiani in Francia, con un aumento del 4 per cento, sono risultate superiori a quella dei formaggi francesi in Italia, in calo del 3 per cento nel 2014, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat.
Nonostante questi primati produttivi, gli italiani con 20,7 chilogrammi per persona all’anno sono - sottolinea la Coldiretti - solo settimi nel mondo per consumo di formaggi preceduti dai francesi con 25,9 chilogrammi a testa, ma anche da islandesi, finlandesi, tedeschi, estoni e svizzeri. Ma a preoccupare è anche la qualità dei formaggi venduti in Italia al di fuori delle denominazioni tutelate, con quasi la metà delle mozzarelle che sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall'estero, anche se - denuncia la Coldiretti - nessuno lo sa perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta.
Dalle frontiere italiane passano ogni giorno 24 milioni di litri di “latte equivalente” tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate polveri di caseina per essere imbustati o trasformati industrialmente e diventare magicamente mozzarelle, formaggi o latte italiani, all’insaputa dei consumatori. Complessivamente in Italia - sottolinea la Coldiretti - sono arrivati 8,6 miliardi di chili in equivalente latte (fra latte liquido, panna, cagliate, polveri, formaggi, yogurt e altro) che vengono utilizzati in latticini e formaggi all’insaputa dei consumatori e a danno degli allevatori. Ad oggi in Italia - continua la Coldiretti - è obbligatorio indicare la provenienza del latte fresco, ma non per quella a lunga conservazione, ma l’etichetta è anonima anche per i formaggi non a denominazione di origine, per le mozzarelle e gli yogurt.
In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza e lo stop al segreto sui flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero è un primo passo che va completato con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che, nell’anno dell’Expo, la chiusura delle stalle rischia di far perdere all’Italia il primato nella produzione di formaggi a denominazione di origine (Dop) che contribuisce a forgiare l’identità nazionale in campo alimentare.
In questo contesto - continua la Coldiretti - è particolarmente grave il recente rapporto della Commissione Europea secondo cui, per talune categorie di prodotti alimentari come latte e prodotti caseari, sarebbe meglio optare per una indicazione volontaria dell’origine, piuttosto che su un obbligo a livello comunitario. Si tratta di un parere in netto contrasto con gli interessi dei cittadini europei espressi attraverso Eurobarometro e di quelli italiani che hanno risposto numerosi alla consultazione pubblica on line sull'etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal ministero delle Politiche Agricole (Mipaaf), che ha coinvolto 26.547 partecipanti sul sito del Mipaaf dal novembre 2014 a marzo 2015, i quali nell’89 per cento dei casi ritengono che la mancanza di etichettatura di origine possa essere ingannevole per i prodotti lattiero-caseari. Un risultato che, sulla base del regolamento comunitario n.1169 del 2011, entrato in vigore il 13 dicembre del 2014, consente all’Italia - conclude la Coldiretti - di introdurre norme nazionali in materia di etichettatura obbligatoria di origine geografica degli alimenti.
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Dal 20 al 27 giugno 2015 il Veregra Street Festival porta nel centro storico di Montegranaro (FM) la magia, lo stupore e la meraviglia dell’arte di strada, i profumi ed i sapori del cibo si strada e tante possibilità di vivere esperienze creative e coinvolgenti per un pubblico di tutte le età. Organizzata dal Comune di Montegranaro con direzione artistica di Giuseppe Nuciari ed il sostegno di MiBACT, Regione Marche, Provincia di Fermo, Camera di Commercio di Fermo e Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, la XVII edizione del festival propone otto giorni fitti di eventi con più di 100 spettacoli a rappresentare le numerose espressioni dell’arte urbana: teatro di strada, musica, danza contemporanea, teatro di figura, clown, fachiri, circo contemporaneo, spettacoli itineranti, ecc...
Il protagonista principale del festival è però sempre il numeroso pubblico che ne è fruitore e che diventa artefice di una grande festa di condivisione sociale che stimola tutti e cinque i sensi umani.
Per quanto riguarda gli spettacoli, le compagnie sono tutte professioniste e provenienti da molte parti del mondo, quest’anno in particolare da Inghilterra, Belgio, Francia, Finlandia, Olanda, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Cile, Argentina, Uruguay e Kenya, diversi dei quali invitati nel quadro del progetto di cooperazione europea “OPEN-STREET”.
Il Dopo Festival, dal 22 al 24 giugno fino a tarda notte, quest’anno si chiamerà “Marche in Strada” è sarà riservato ad artisti marchigiani con il fine di promuovere la migliore creatività artistica locale. Ogni compagnia presenterà 10 minuti del proprio repertorio in una sorta di casting per il progetto “Marche in Strada” che porterà alla realizzazione di uno spettacolo prodotto dal Festival, con la direzione di un regista esperto, che possa circuitare in teatri e piazze italiane e straniere.
Il gusto verrà soddisfatto grazie alla sezione "VEREGRA STREET FOOD" dedicata ad eccellenze enogastronomiche nel campo del cibo di strada regionale, nazionale e internazionale. Oltre ai consueti spazi nel centro storico in cui diverse associazioni proporranno i piatti della tradizione locale, quest’anno viene riservata in via Gramsci una grande area al “cibo di qualità su ruote”, con van, truck e furgoni provenienti da diverse regioni d’Italia ed attrezzati per il confezionamento e la vendita di specialità quali olive ascolane, fish&chips, empanadas, crepes, piatti vegani, panini vari, arrosticini, trippa alla romana, cotiche con fagioli, arancini, cremini, gnocchi fritti, gelato, bibite e birre artigianali. La sezione ‘StreetFood’ è stata creata tre anni fa con l’intento di ampliare il concetto di ‘Cultura di strada’ al quale il festival si ispira e nel quale rientra a pieno titolo anche il cibo come elemento fondamentale nell’esprimere lo spirito dei luoghi e delle persone.
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Dall’inizio della crisi hanno chiuso oltre diecimila stalle da latte, oltre il 60 per cento delle quali si trovava in montagna, dove insieme alla perdita di posti di lavoro e di reddito viene anche a mancare il ruolo insostituibile di presidio del territorio, nel quale la manutenzione è assicurata proprio dal lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti in occasione della Giornata ufficiale del latte promossa da Expo 2015 e dal Ministero delle Politiche Agricole. In Italia sono sopravvissute appena 35mila stalle che hanno prodotto nel 2014 circa 110 milioni di quintali di latte mentre sono circa 86 milioni di quintali le importazioni di latte equivalente.
Per ogni milione di quintali di latte importato in più - denuncia la Coldiretti - scompaiono 17mila mucche e 1.200 occupati in agricoltura, eppure dall’inizio della crisi nel 2007 ad oggi le importazioni di prodotti lattiero-caseari dall’estero sono aumentate in valore del 20 per cento, secondo un’analisi di Coldiretti relativa ai dati del commercio estero fino al 2014.
Il risultato della concorrenza sleale dovuta alle importazioni di bassa qualità spacciate per italiane è il fatto che il latte viene pagato agli allevatori in media 0,36 centesimi al litro, con un calo di oltre il 20 per cento rispetto allo scorso anno, mentre al consumo il costo medio per il latte di alta qualità è di 1,5 euro al litro, di qualche centesimo superiore allo scorso anno. Ma soprattutto il prezzo riconosciuto agli allevatori - sottolinea la Coldiretti - non copre neanche i costi per l’alimentazione degli animali e sta portando alla chiusura di una media di quasi 4 stalle al giorno con effetti sull’occupazione, sull’economia, sull’ambiente e sulla sicurezza alimentare degli italiani. A rischio c’è un settore che rappresenta la voce più importante dell’agroalimentare italiano con un valore di 28 miliardi di euro con quasi 180 mila gli occupati nell’intera filiera.
“Nella forbice dei prezzi dalla stalla alla tavola c’è spazio da recuperare per consentire ai consumatori di acquistare un prodotto indispensabile per la salute e per dare agli allevatori italiani la possibilità di continuare a garantire una produzione di qualità con standard di sicurezza da record”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “a dimostrarlo ci sono i primi esempi significativi di gruppi lungimiranti della distribuzione e dell’industria che ci auguriamo possano essere seguiti da tutti”.
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Perugia è in fermento! Nel capoluogo umbro cresce l'attesa per Malto Livello, il Festival nazionale delle Birre di qualità. L'appuntamento, per appassionati, intenditori e per chi vuole conoscere meglio il mondo della birra, è dal 4 al 7 giugno al Percorso Verde di Pian di Massiano.
"Gente Beerichina e Cibo di strada" è il claim scelto per la prima edizione della kermesse, ideata e organizzata dall'Agenzia Sedicieventi con il patrocinio di Regione Umbria, Provincia di Perugia, Comune di Perugia, Comune di Deruta, Camera di Commercio di Perugia e CERB (Centro Eccellenza di Ricerca sulla Birra).
Serate a tema, mini corsi d'assaggio, degustazioni guidate e laboratori scandiranno il calendario dell'evento che permetterà ai visitatori di riscoprire gli autentici sapori delle birre artigianali. Nell'Area "Solo Buona Birra", gli appassionati del luppolo potranno degustarla alla spina, spillata direttamente dal mastro birraio. Chi lo desidera, potrà intrattenersi presso l'Area Cocktail per bere in compagnia gli ottimi drink a base di birra preparati da Dot Bar. Il Polo Didattico sarà tappa obbligata per chi vuole conoscere tutte le birre presenti in evento o partecipare ai mini corsi di assaggio gestiti da ADB, Associazione Degustatori Birre. Chi è curioso di scoprire come nasce la birra, assisterà con interesse alla cotta live, proposta dall'Associazione Birraia Briuoteca.
In più, domenica 7 giugno, alle ore 18.00, Malto Livello in collaborazione con ADB, proporrà una degustazione delle birre partecipanti al Concorso Nazionale Cerevisia 2015. Il premio, alla sua terza edizione, è indetto dal BaNAB, Banco Nazionale di Assaggio delle Birre, che vede riuniti nel suo comitato promotore il Comune di Deruta, la CCIAA di Perugia, la Regione Umbria, AssoBirra e il CERB. Chi vuole, potrà infine scegliere fra più di 100 etichette di birre in bottiglia da portare a casa, proposte da Kosmo, il Beer Shop di Perugia. I più golosi potranno assaggiare Beerichina: la birra chocolate porter by Eurochocolate!
Insieme alla buona birra, lo street food, il cibo di strada di qualità, sarà l'altro grande protagonista dell'evento. Gli amanti del fritto potranno scegliere fra Olive ascolane del Piceno Dop e patatine fritte, affettate fresche al momento. Potranno assaggiare succulenti hamburger caldi, preparati in diverse varianti, o degustare la tipica Torta al testo farcita. A tentare il palato dei visitatori anche panini e focacce imbottiti con salumi, norcinerie e porchetta, e ancora arrosticini, pizza, currywurst, hot dog, bretzel e molte altre specialità nazionali e internazionali.
Per chi vuole trascorrere tanti momenti in allegria c'è Malto Divertimento, area ludica dove divertirsi con gli amici in libertà.
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Con un aumento record che va dal +51 per cento in Cina al +26 per cento in Usa, il comparto agroalimentare traina l’export made in Italy, sostenendo lo sforzo del Paese per uscire dalla recessione. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sui dati Istat sul commercio estero a marzo 2015. Il cibo tricolore cresce – rileva Coldiretti - su tutti i mercati, con un complessivo +13 per cento nel confronto con lo stesso mese dell’anno precedente, che sale al +19 per cento se si considerano i soli Paesi Extra Ue, grazie soprattutto al balzo record registrato in Cina e negli Stati Uniti. Nel caso degli Usa il boom è dovuto anche alla spinta del tasso di cambio euro/dollaro favorevole, che si conferma una opportunità – sottolinea la Coldiretti - per sostenere la ripresa economica. Ma la crescita è in doppia cifra anche all’interno dell’Unione Europea, dove incassa un +11 per cento. Resta, invece, negativo – rileva la Coldiretti - il dato della Russia, dove l’embargo continua a togliere quote di mercato ai prodotti alimentari italiani (-38 per cento in valore a marzo). L’ottimo risultato dell’export segue i segnali positivi di ripresa anche sui consumi interni con le vendite al dettaglio che aumentano dello 0,7 per cento nel primo bimestre con un tasso doppio dell’1,4 per cento nell’alimentare che – conclude Coldiretti - è la seconda voce del budget familiare dopo l’abitazione ed è destinata ad avere un effetto traino sull’intera economia.
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Dal 29 Maggio al 2 Giugno, si rinnova a Perugia l'appuntamento con Gluten Free Fest, il primo evento in Italia interamente dedicato al mondo del senza glutine, ideato e realizzato dall'Agenzia Sedicieventi con il patrocinio di AIC - Associazione Italiana Celiachia, Regione Umbria, Comune di Perugia, Camera di Commercio di Perugia, Confcommercio Perugia e Confesercenti Umbria.
Simbolo della quarta edizione del Festival è il quadrifoglio, sinonimo di buon auspicio, accompagnato dall’ironico claim L'evento che non porta spiga!
Forte del successo delle precedenti edizioni, la kermesse, che si terrà come di consueto presso il Percorso Verde di Pian di Massiano conferma ed amplia il proprio format, protraendosi per 5 giorni e introducendo interessanti novità legate all'attività fisica e al mondo del benessere, grazie agli appassionanti tornei Aic Sport e non solo. «Contrariamente a luoghi comuni ancora molto diffusi, la celiachia non rappresenta un ostacolo insormontabile per chi decide di praticare sport», ricorda il Presidente di Aic Umbria, Samuele Rossi. «Seguendo una dieta bilanciata e i consigli di uno staff preparato e competente, anche i celiaci possono primeggiare in molte discipline».
L'obiettivo è di rafforzare il messaggio divulgativo fra i cittadini, promuovere la riflessione a livello istituzionale e stimolare il confronto in ambito scientifico sul tema della celiachia: malattia autoimmune permanente, scatenata in soggetti geneticamente predisposti, dall’ingestione del glutine, un complesso proteico presente in alcuni cereali.
Degustazioni guidate, lezioni di cucina, seminari, laboratori ed attività didattiche per bambini si susseguiranno ininterrottamente durante la kermesse che alternerà momenti informativi, di approfondimento e sensibilizzazione ad appuntamenti dedicati al divertimento e alla convivialità.
Il Polo Senza Glutine sarà ancora una volta centro della manifestazione, ulteriormente arricchita nell'area ristorativa (con una maggiore varietà di finger food) e in quella commerciale, con il ricco Emporio del Senza Glutine affiancato dal nuovo spazio "Umbria. Naturalmente Senza Glutine", firmato dalla Regione Umbria e dedicato a prodotti tipici del territorio privi di glutine in natura.
Per l'importante lavoro di sensibilizzazione svolto in questi anni sul tema della celiachia, Gluten Free Fest si è aggiudicato una postazione street food a Expo Milano 2015, proponendo un'ampia offerta rivolta a chi deve rinunciare al glutine.
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Dal 29 maggio al 4 giugno, a partire dalle 11.00 alle 19.00, il Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola Dop presenta una settimana di degustazioni gratuite delle due tipologie di formaggio Gorgonzola, il dolce e il piccante, per far conoscere al mondo la bontà e le proprietà dell'erborinato italiano più conosciuto al mondo.
Una volta verificato che ci sia il simbolo della DOP e il marchio Consortile, il formaggio Gorgonzola non è "solo" buono ma fa anche bene. Ecco cosa ha dichiarato su questi argomenti il medico nutrizionista Nicola Sorrentino: "Il processo produttivo del gorgonzola richiede tantissima attenzione e solo latte fresco di primissima qualità. Se questi requisiti venissero a mancare non si formerebbero i protagonisti del gorgonzola che sono le muffe e i fermenti lattici. Quindi il gorgonzola è prima di tutto un prodotto sano. Il penicillium" - continua il professore - "quello che dona al gorgonzola le sue famose striature verdastre, rende questo formaggio molto digeribile, cosa che forse molti non si aspettano". Inoltre:
"La percentuale dei grassi del gorgonzola NON è di molto più alta rispetto a quella degli altri formaggi".
"Il gorgonzola, a parità di peso, contiene meno colesterolo di una coscia di pollo o di una fettina di vitello. E' quindi un ottimo secondo piatto soprattutto se abbinato magari a delle verdure".
"Il gorgonzola, grazie alla triplice fermentazione, non contiene né glutine né lattosio quindi è un prodotto che può essere consumato anche da chi è intollerante ai derivati del latte".
"Il gorgonzola è ricchissimo di vitamine B2, B6, B12, importantissime per il sistema nervoso e quello immunitario".
Per questi motivi il gorgonzola è conosciuto e amato in tutto il mondo oltre ad essere il terzo formaggio per importanza nel panorama italiano dei formaggi vaccini DOP. Un autentico vanto della produzione gastronomica nostrana.
Oltre alla settimana di assaggi, che sarà replicata in ottobre, il Consorzio Gorgonzola mantiene anche una postazione fissa per tutta la durata di Expo 2015, sempre all'interno del Padiglione di Federalimentare denominato “CIBUS è ITALIA” (pad. 128). Il Consorzio sarà presente nell’Area Afidop (Associazione Formaggi Italiani a denominazione di origine protetta) insieme ad altri formaggi dop ed avrà a disposizione un corner con immagini e uno schermo di grandi dimensioni ove verranno proiettati filmati e immagini istituzionali.
Ambasciatore d'eccezione, lo chef stellato Antonino Cannavacciuolo.
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Banane e avocado Made in Italy, ora è possibile. Complice il cambiamento climatico. L'innalzamento delle temperature ha letteralmente rivoluzionato l'agricoltura italiana negli ultimi decenni: come analizzato da Coldiretti, infatti, il vino italiano negli ultimi trenta anni è aumentato di un grado mentre la coltivazione tradizionale dell'ulivo è approdata sulle Alpi. E con l'arrivo del caldo, Coldiretti ha messo in mostra dal vivo i nuovi "frutti" Made in Italy nel suo padiglione a Expo "No farmers no party".
Se si osserva la produzione vinicola, ci si rende conto che il surriscaldamento ha determinato un anticipo della vendemmia fino a un mese rispetto al tradizionale mese di settembre. Il caldo ha cambiato anche la distribuzione sul territorio dei vigneti che tendono a espandersi verso l'alto con la presenza della vite a quasi 1.200 metri di altezza come nel comune di Morgex e di La Salle, in provincia di Aosta, dove dai vitigni più alti d'Europa si producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle Dop.
Dal canto suo l'olivo è ormai avvezzo all'alta quota. E' infatti in provincia di Sondrio, oltre il 46esimo parallelo, l'ultima frontiera nord dell'olio d'oliva italiano. Negli ultimi dieci anni la coltivazione dell'ulivo sui costoni più soleggiati della montagna valtellinese è passata da zero a circa diecimila piante, su quasi 30 mila metri quadrati di terreno.
E ancora, nella Pianura Padana si coltiva oggi circa la metà della produzione nazionale di pomodoro destinato a conserva e di grano duro per la pasta, colture tipicamente mediterranee. Una situazione che, rileva la Coldiretti, ha avuto effetti straordinari in Sicilia dove Andrea Passanisi sfruttando il clima ormai torrido, è riuscito a coltivare i primi avocado Made in Italy ai piedi dell'Etna. A Palermo invece grazie al microclima e alla posizione soleggiata, Letizia Marcenò riesce a produrre le prime banane nostrane.
Gli effetti si estendono però anche ai prodotti tipici. Il riscaldamento cambia le condizioni ambientali per la stagionatura dei salumi, per l'affinamento dei formaggi o l'invecchiamento dei vini. Una situazione che di fatto mette a rischio di estinzione il patrimonio di prodotti Made in Italy che devono le proprie caratteristiche alla combinazione di fattori naturali e umani. E in questo senso l'Expo per la Coldiretti serve anche a raccontare la terra che cambia e come l'uomo cerca di adattarsi con i cambiamenti climatici che sono uno degli aspetti centrali della Carta di Milano.
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WeltGenussErbe Bayern ente dell’Unione Europea, ha avviato una campagna di informazione per promuovere i prodotti Dop e Igp della Baviera.
L’attenzione della campagna di WeltGenussErbe Bayern si focalizza su entrambi i marchi ‚Indicazione Geografica Protetta’ e ‚Denominazione d’Origine Protetta’. Solamente le specialità di alto valore, ricche di tradizione, che senza dubbio sono legate a un precisa regione, possono fregiarsene.
Birra Igp, Salsicce di Norimberga Igp, Carne di manzo bavarese Igp, i formaggi Emmentaler dell’Algovia Dop e Berkaese dell’Algovia Dop, tutti prodotti che nascono da un’antica tradizione e che per questo devono essere conosciuti e protetti dalle imitazioni.
Acqua, malto, luppolo e lievito. Questi gli unici ingredienti della birra bavarese Igp. Nata nel 16esimo secolo, protetta da un Decreto di Purezza, tutt'ora viene prodotta rispettandone la ricetta originale e gli ingredienti.
Anche le salsicce di Norimberga Igp hanno una storia secolare, piccole e croccanti, amate da tutti.
Tipici dell'Algovia sono l'Emmentaler e il Berkaese Dop, formaggi golosi, dal gusto delicato il primo, più saporito il secondo.
E infine la carne di manzo Igp, prodotta rispettando ogni fase, dall'allevamento delle mucche nei pascoli alla macellazione.
Prodotti di alta qualità, presenti anche in Italia. Ma tenti però ai bollini Dop e Igp! Diffidiamo dalle imitazioni! (MV)
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